Acqua acqua… fuoco fuoco… S’annuncia con lo sciabordio dell’
Armadio dell’acqua nera di
Fabrizio Plessi e la carrellata marmorea dei filosofi che ne fecero l’
origine del mondo lo sfaccettato racconto dell’elemento per eccellenza. Che s’accende poi in una sala-utero tappezzata di rosso: liquido amniotico, primo nutrimento in forma di latte, racchiuso nelle solide poppe delle
matres matutae campane e della madre sarda – un tracagnotto, primitivo, bellissimo pugno di pietra -, come nel petto pudico delle Vergini toscane (tra cui la leggiadra
Madonna dell’Umiltà di
Masolino).
Subito dunque si precisa il carattere sincretico e metastorico di un percorso che naviga in un arcipelago di argomenti piuttosto che tuffarsi in solo canale, “spruzzando” qua e là spunti sacri e profani, antichi e contemporanei. Acqua come feconda culla ed efficace veicolo di riti, miti e simboli, ma anche come godimento, frivolezza e benessere, testimoni i lussureggianti giardini affrescati sui muri pompeiani e le miniature che illustravano i salubri piaceri dei “
Balneis Puteolanis” decantati nel Medioevo da Pietro da Eboli.
Delizie per il genere umano e per gli dei, in un guizzante tripudio di tritoni, nereidi e numi vari, dediti a lavacri, amoreggiamenti e spensierate evoluzioni tra flutti e fonti (poetica quella della Vita, accanto alla quale passeggiano allacciati gli amanti di
Segantini).
La liquida mescolanza tra antichità mediterranee (dall’Egitto dei culti isiaci alla Grecia delle abluzioni d’Afrodite) e Sacre Scritture, e tra religione, letteratura e favola procede a vele spiegate nel labirinto disseminato di specchi della sezione “Viaggio”, introdotta da
The reflecting pool, video d’annata di Bill Viola che anima misteriosamente la superficie d’una piscina, sulla quale fluttuano e s’increspano inganni ottici.
Tutto confluisce qui: il ponto color del vino del titanico Ulisse, che “
molti sul mar sofferse affanni”, e a colpi di remo sfidò il dogma dell’umana finitezza per seguir “
virtute e conoscenza”; il pelago che Europa solcò da Tiro a Creta in groppa a Zeus tauriforme, col vento tra i capelli e sui piccoli seni (e chi poteva dipingerli così sensuali, se non
Cagnacci?); il ruscello ombreggiato dai salici nel quale scivolò Ofelia, accarezzata dai pennelli di
Felice Carena; il Diluvio che il vendicativo Signore dell’Antico Testamento mandò sulla terra per un bel repulisti; le onde del Nilo che cullarono la cesta del piccolo Mosè.
Per giunta quale elemento, capace di attraversare tutti gli stadi della fisica, potrebbe esprimere meglio l’idea di trasformazione? Piovono allora le Metamorfosi, campioni il
Narciso di
Caravaggio, innamoratosi
di riflesso del proprio sembiante, e la Gorgone anguicrinita.
Come da copione, sul finale arriva la catarsi, tutta scritta nei Vangeli. Il battesimo come lustrazione e rinascita, e l’acqua/vino presente sulle mense alle quali sedette Gesù:
La cena in casa di Levi,
Le nozze di Cana e
L’ultima cena, tele le prime due di
Mattia Preti, l’ultima del
Tintoretto.
Grandi firme, ma provenienti da collocazioni “periferiche” o poco frequentate, come del resto molti dei pezzi raccolti in agile periplo dal taglio didattico ed enciclopedico. Forse non proprio
fresco, ma almeno
chiaro e
dolce.