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fino al 13.VI.2003 | Andreas Slominski | Milano, Fondazione Prada

di - 22 Aprile 2003

Un progetto realizzato in occasione di questa mostra e comprendente una quindicina di opere testimonia in maniera ampia ed esaustiva, l’attività dell’artista tedesco Andreas Slominski (Meppen, 1959), che per la prima volta in Italia ha a disposizione uno spazio così ampio per lavorare in totale libertà.
Questa del resto è una caratteristica propria delle iniziative proposte presso la Fondazione Prada con la supervisione di Germano Celant, che, rispetto a molte realtà contemporanee del nostro paese, pubbliche e private, ha il coraggio di confrontarsi con tutti i tipi di materiali e con tutti i mezzi espressivi che appartengono alla pratica dell’arte concettuale.
E concettuale è lo spirito che anima i lavori di Slomisnki. Lo spazio allestito dall’artista è un intero capannone e, appena si entra, la scritta natalizia Merry Christmas from Belfast (2003) accoglie il visitatore: è un vero e proprio augurio e la parte superiore dello spazio è piena di addobbi natalizi sparsi un po’ dappertutto, di stelle e stelline che scendono dal soffitto. Ma già la scritta, apparentemente innocente, nasconde uno scarto di senso. La prima cosa che ci si chiede è perché proprio Belfast, dove le tensioni religiose sono da sempre motivo di scontri e d’intolleranze secolari. Infatti tutto questo clima pseudo-festoso cambia nel momento in cui il nostro sguardo dall’alto si sposta in basso, dove tutto il pavimento è disseminato di trappole di ogni tipo e dimensione.
In Germania Slominski è soprannominato Fallensteller, che sta a significare “colui che tende trappole”. La prima trappola, Falle, è del 1984-1985 e venne esposta nella sua prima personale ad Amburgo nel 1987: in quell’occasione era una semplice trappola per topi, vista soprattutto nel suo aspetto scultureo. Ma la trappola è anche una grande metafora della vita umana, che entra in relazione diretta con la nostra coscienza e la nostra esperienza di individui, senza limitarsi ad essere un oggetto tra il ready-made duchampiano e l’objet trouvé. I concetti che entrano in gioco sono allora molti, ma tra i primi ci sono l’inganno e la violenza. L’artista che prepara la scena ci invita in un certo senso ad attivare dentro di noi un processo complicato, che, usando un termine filosofico, è chiamato riduzione fenomenologica: l’oggetto-trappola non va infatti interrogato per cosa sia in se stesso, ma come la nostra coscienza lo percepisce. E la nostra coscienza non ci può che portare verso una percezione dell’oggetto come fonte di violenza e d’inganno, inventato e costruito dall’uomo, nel quale la violenza coesiste fin dalle sue origini.
L’animo del visitatore quindi non è mai placato, ma oscilla continuamente tra un forte turbamento interiore e un vissuto “infantile/ironico”, che, a seconda del nostro stato di coscienza, ci spingono a considerare le trappole come oggetti innocui e improvvisamente come tagliole pericolose. Sono esposte infatti la Mausefalle (Trappola per topi, 2003), la Falle für Murmeltiere (Trappola per marmotta, 2003), la Schneehunfalle (Trappola per pernice bianca, 2002), la Lonzfalle (Trappola per lonza, 2003), la Habichfalle (Trappola per astore, 2002), la Katzenfalle (Trappola per gatti, 2001), e la Limikolenfallen (Trappola per limicoli, 2001) e tante altre ancora. Trappole che rappresentano l’inganno per eccellenza, l’inganno dell’uomo che fa a se stesso quando nasconde dietro l’apparenza la sua vera natura, da sempre ambigua e violenta.

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Andreas Slominski
a cura di Germano Celant
Fondazione Prada
via Fogazzaro 36
tel 02.55028498
mar-dom 10 – 20; chiuso lun
ingresso libero
www.fondazioneprada.org
info@fondazioneprada.org


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