Uno spazio grande, grandissimo. Tante opere quanti sono gli artisti che partecipano alla mostra, ovvero quattordici. Lo scenario che ne fa da sfondo è lo storico complesso delle ex-Cartiere Binda, edificato a partire dal 1857 e recentemente lasciato in stato di totale abbandono. Grazie all’opera di riqualificazione portata avanti dalla società EuroMilano alcuni spazi sono stati utilizzati per organizzare eventi legati al mondo dell’arte, di cui questa collettiva Cantieri dell’Arte sarà probabilmente l’ultimo capitolo, essendo la destinazione d’uso nell’immediato futuro tipologicamente diversa.
La mostra (curata da Angela Madesani) è raccontata così dall’ideatrice Donatella Nani: “il progetto di recupero e trasformazione dell’area sono parsi il fulcro intorno al quale sviluppare l’idea; un pretesto, se si vuole, per lavorare insieme, con una comunione di intenti.” e ancora: “Il luogo è così entrato a far parte, a buon diritto, della schiera dei protagonisti”. Quest’intento emerge chiaramente nella scelta delle opere esposte e, ancor più, nella commissione a Sergio Lovati di un reportage fotografico sul complesso industriale, teso a sottolineare il rapporto tra mostra e sede espositiva.
Le opere riunite sono tra loro molto diverse: tra le più interessanti Muro Occidentale o del Pianto di Fabio Mauri, opera creata per la Biennale di Venezia del 1993. Una sorta di muro realizzato con valige di forme, colori e materiali diversi simboleggia l’incapacità di convivenza e rispetto reciproco tra gli uomini, ovviamente guardando in questo caso alla condizione del popolo ebreo. Il lavoro di Federico De Leonardis dialoga con lo spazio circostante in un rapporto strettamente ideologico: le fotografie appese nell’ex-fabbrica ci mostrano guanti da lavoro utilizzati e poi abbandonati in fabbriche dismesse, prive dell’attività che prima le caratterizzava. Mauro Ghiglione (Prosit, 2004) ha dato vita ad una sorta di installazione appositamente realizzata per l’esposizione, utilizzando grandi fotografie dello spazio stesso prima dell’allestimento della mostra, montate in serie una dietro l’altra.
Di particolare forza poetica anche le installazioni di Lena Liv (Stanza, 1995-97), Anne e Patrick Poirier (Mnemosyne, 1991-93) e Arcangelo. Salvatore Cuschera (Omaggio a Chillida, 2002-03) ed Eduard Habicher (In-contro, 1993-94) presentano due grandi sculture, mentre Elisabeth Scherffig propone alcuni disegni e teli di seta ricamata sulla suggestione degli spazi industriali studiati appositamente prima della mostra. Anche Luca Bertolo utilizza il disegno come mezzo espressivo, mentre di Flavio Favelli (Camminatoio) è esposta un’installazione, sorta di architettura nell’architettura. Maria Teresa Sartori (Senza eccezioni, 2003) propone il video mentre utilizzano la fotografia Marco Zanta (Rumore Rosso, 2000 e Firenze A.N., 2004) ed Antonello Ruggieri (Paravento fotografico, serie dal 1994 ad oggi), che ne fa la base di un complesso lavoro di riflessione sulla caducità delle cose e sulla conservazione della memoria.
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