“In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui”.
“Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. Per quanto strano possa apparire, la citazione non ha nulla a che fare con la sempre attualissima
querelle laici versus cattolici, o con una sua possibile rielaborazione in ambito artistico. Infatti, la frase di cui sopra non solo fa da
entrée alla personale di
Dario Neira (Torino, 1963) presso lo spazio cremonese, ma si definisce come sintesi concettuale di tutto il lavoro dell’artista.
Il
processo che sta alla base delle sue opere si piega su se stesso e si rivela come opera. Alle pareti si può leggere chiaramente lo scopo di tutta l’operazione e si possono legare le opere precedenti in un percorso di impressionante coerenza, che risulta a oggi una preparazione di ciò che deve ancora succedere. Dal piccolo box in metallo, del tutto analogo a quelli presentati in alcune mostre precedenti, dove si legge
I’m burnt, richiamo diretto all’utilizzo di pelle coltivata in vitro per il trattamento degli ustionati.
Punto di partenza e di arrivo, opera (e idea) dove molti dei prefissi -spesso legati alla parola arte- si incontrano in un crogiuolo di body-, bio-, social-, cyber- atto a superare i limiti stessi delle definizioni. Continuando con il pannello esplicativo, l’espianto di pelle dell’artista, successivamente coltivata in laboratorio, diviene un nuovo e personalissimo mezzo di scrittura e comunicazione. I ritratti e gli autoritratti che Neira costruiva con collage di immagini della pelle e della sue memorie (nei, cicatrici, macchie) erano l’anteprima generativa del
John 1,14 Project. Non erano altro che operazioni chirurgiche su supporti bidimensionali.
Lo sguardo si sposta e focalizza l’enunciato che rende esplicito il desiderio di Neira:
The Flesh Became Word. Oltre a essere uno straordinario paradosso semantico, il verso biblico invertito ha la valenza programmatica di rendersi concreto e la mostra attuale è la sua fucina, o la sua prima uscita pubblica. In questa sua attitudine didattica, l’esposizione deve qualcosa anche al cammino sviluppato dal Crac in questi anni. Il centro di ricerca, nonché luogo espositivo (unico nel suo genere, in un Liceo Artistico), si è mosso sempre a cavallo tra sperimentazione e divulgazione, ponendosi come obiettivi contestuali la presenza sul territorio locale e il respiro nazionale.
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bravo dario neira!
e bravo che non lavori più con fabio paris. ottima scelta.
in bocca al lupo per tutto.
vernon