La Lisson Gallery di Milano inaugura la sua stagione 2014 con una personale di Rashid Rana (Lahore, 1968), artista Pakistano considerato tra i più quotati del suo territorio. Dal 2004 Rana ha iniziato a lavorare con tecniche di fotomontaggio che sono diventate il suo marchio di fabbrica: utilizzando un software informatico si è specializzato nel comporre immagini utilizzando varie fotografie ridotte alle dimensioni di un pixel. Le stampe digitali presentate in questa mostra sono scomposizioni di capolavori della storia dell’arte, come il Giuramento degli Orazi di Jacques Louis-David oppure, omaggiando la città che ospita i suoi lavori, opere dei milanesi Cesare da Sesto e Andrea Solari.
L’effetto visivo generato da queste scomposizioni è quello di un puzzle in cui i pezzi non sono stati inseriti in maniera corretta ma, che forse per via dei colori tenui, rimane delicato. Forse perché allo spettatore basta che sia suggerita l’idea di capolavoro affinché lo trovi esteticamente piacevole? Si, sembrava essere la risposta degli invitati al vernissage della mostra, che potevano spesso essere sorpresi a soppesare le qualità decorative delle opere, e discutendo in quale stanza della loro casa l’avrebbero visto meglio.
Questo forse perché i lavori sono apparentemente semplici da capire, ed al grande effetto scenico non sembra equivalere un grande contenuto critico.
Questi classici rivoltati sono una novità nell’ouvre di Rana. Nei suoi lavori precedenti ha spesso abbracciato tematiche come la dislocazione geografica, la politica e questioni sociali legate al suo paese. Nell’opera Veil (2004) affrontava la questione della condizione femminile in Pakistan sovrapponendo immagini pornografiche per creare la sagoma del Burqua e in Red Carpet (2007) componeva tappeti orientali usando immagini crude di quello che succede nei mattatoi di Lahore. Dopo il boom ottenuto con nel primo decennio del 2000, in cui l’artista ha venduto molto (ad esempio Red carpet qui citato è stato battuto da Sothebys a New York nel 2008 per 623.000 $), ha preferito produrre meno opere e focalizzarsi sull’insegnamento alla Beaconhouse National University di Lahore. I lavori precedenti sono molto diversi, per quanto riguarda il contenuto, da quelli odierni. Notando la differenza con il passato viene da chiedersi il perché di questo cambio di direzione, che privilegia l’estetica e il decorativo rispetto al contenuto.
Spesso gli artisti provenienti da parti del mondo come ad esempio il Sud-Est asiatico o il Mediorente, che affrontano attraverso le loro opere tematiche sociali e politiche riguardanti il loro paese e la loro tradizione, vengono frequentemente osannati dal mondo dell’ arte dell’ Ovest, il quale applica alla lettura delle loro opere una serie di stereotipi e generalizzazioni simili a quelle illustrate da Edward Said nel libro Orientalism. È possibile dunque che Rana,attraverso questa riappropiazione e scomposizione di capolavori dell’arte occidentale, abbia cercato di scappare e allo stesso tempo criticare con ironia la ghettizzazione che può derivare dalla categoria ‘artista orientale’? Vale la pena vedere questa mostra proprio per via degli interrogativi che pone.
Jacqueline Ceresoli
mostra visitata il 23 gennaio 2014
Dal 24 Gennaio al 14 Marzo 2014
Rashid Rana
Lisson Gallery
Via Zenale 3, Milano
Orari: dal Lunedì al Venerdì dalle 10:00 alle 18:00, Sabato dalle 11:00 alle 17:00