Trovarsi in una dimensione iperreale al limite della visionarietà è la sensazione che si prova visitando la nuova personale di Robert Gligorov (Kriva Palanca – Macedonia, 1960). Waste Land è un compendio della ricerca creativa ed esistenziale recente dell’artista, magistralmente assemblato attraverso lavori che, pur differenti per genere, soggetto e tecnica, rimangono lontani dai toni provocatori e scandalosi a cui Gligorov ha abituato il suo pubblico fin dagli esordi. Attraverso la piena padronanza formale dei mezzi espressivi, tra i quali la fotografia è senza dubbio predominante, Gligorov riesce a sintetizzare le innumerevoli declinazioni dell’immaginario contemporaneo in risultati tecnicamente perfetti e di grande impatto visivo, quasi monumentale. Come nel caso di Dalla terra alla luna, un’imponente installazione creata con una corda intrecciata del peso di oltre 4.000 chilogrammi, che si srotola nel tentativo di permettere allo spettatore di evadere dalla desolazione della terra che lo circonda. Un’aspirazione ad un mondo onirico, quindi, dove l’uomo possa esprimere al meglio le sue possibilità, una realtà alternativa a quella abitualmente conosciuta. Una meta che l’artista persegue con un’attitudine concettuale che non di rado si trasforma in autocelebrazione. Come accade nella fotografia I magnifici 7, in cui Gligorov ritrae se stesso in posa da star accanto a sei piccoli animali, tra cui un verme, schierati ai lati dei suoi piedi. Gligorov, attore e spettatore delle proprie creazioni, passa così con facilità attraverso differenti suggestioni visive e materiche che, tuttavia, risultano avere sempre in comune l’ambiguità della rappresentazione: da opere in cui mette in scena un’eccentrica interpretazione del proprio corpo e della propria immagine a fotografie che assomigliano più a cartelloni stradali (come Milano Piazza del Duomo e Terra desolata). L’inquadratura allargata sul paesaggio e la rielaborazione fotografica evidenziano la contaminazione tra realtà e immaginazione, mentre il risultato visivo raggiunto diviene tanto paradossale che il messaggio trasmesso dall’artista sembra non conoscere interferenze nel suo passaggio dal mondo conosciuto agli altri molteplici mondi possibili.
Secondo un procedimento inverso a quello che aveva proposto con Isola, una recente elaborazione digitale in cui i grattacieli del Centro Direzionale di Napoli sono stati collocati tra i faraglioni di Capri, in Milano Piazza del Duomo Gligorov svuota la città del suo simbolo per eccellenza, il Duomo appunto, per lasciar vagare libero lo sguardo in uno spazio così ridefinito da diventare a prima vista quasi irriconoscibile. Anche in Terra desolata, una veduta ironicamente mistica di Milano, i tetti e i palazzi della città sono trasformati in un cimitero di croci e immagini religiose. Una poetica sempre più fantasiosa con cui Gligorov sancisce il nomadismo come condizione umana non solo fisica, ma anche mentale, necessaria per evadere dall’aridità della vita contemporanea.
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Grande testa Gligorov.MITICO.