La
formulazione di un nuovo immaginario sensibile, figlio della re-impostazione,
della ricomposizione, del rinnovamento. Eredità del caso, ma anche frutto
germinale di un gesto violento, irrazionale, incontrollabile. Distruzione e
rinascita segnano la produzione intima e suadente di Bouke de Vries (Utrecht;
vive a Londra), nato come restauratore, consulente e nobile artigiano per le
maggiori case d’asta europee, abile manipolatore di ceramiche e, raggiunta la
maturità anagrafica e professionale, finalmente libero storyteller di universi
compositi.
Parola
d’ordine: sincretismo. Ogni opera di de Vries
costituisce
il ponte tra diverse e lontane categorie del tempo e dello spirito; nasce dal
caso, dal fascino archeologico per il ritrovamento, per la reminiscenza del
passato, meglio se impoverita, orfana, seducente e abbandonata.
Così il ninnolo
rococò e la ceramica neoclassica, vuoi minimamente scheggiate vuoi ferocemente
deflagrate, rivivono all’interno di nuove dinamiche ricostruttive che evocano –
per negarla – la funzione originale di ogni pezzo e, in una replica
tridimensionale dell’assemblage dadaista, costruiscono nuovi ambiti narrativi.
Meno
incisivi quando l’artista, fedele al proprio gene fiammingo, guarda con occhio à
la Spoerri al tema dello still life, pur
esacerbando la dialettica fino alle estreme, marcescenti conseguenze del
prolifico brulicante contatto vita-morte, semplificato dalla commistione tra il
mondo vegetale e la sfera degli insetti. Ben più interessanti, fino a risultare
totalmente avvolgenti e mistici, nel momento in cui sposta l’attenzione
sull’idea stessa di estetica, sui suoi parametri, sulla sua vitalità.
La
reinterpretazione, la nuova “messa in valore” – artistica ancorché economica –
del pezzo di ceramica corrotto è sì ennesima rappresentazione del continuo
perpetrarsi del ciclo vitale tout court; ma soprattutto dimostra
come l’integrazione di tradizioni differenti, l’assimilazione di linguaggi
distanti, l’innesto di gemme gonfie di linfa culturale su rami anche asfittici
sia canale espressivo vincente.
Nascono
statue freak, splendide e orribili come divinità indiane; damine veneziane con
ali di farfalla e denti di narvalo – o colonne tortili? Va’ a saperlo! – al
posto delle braccia; e ancora: Madonne esplose, vuoi in un movimento alla Boccioni, vuoi nello
svelare, tra le viscere candide di ceramica, i tratti di omologhe divinità
pagane del sud-est asiatico, nell’ironica drammatica liberazione di culti
fagocitati, sovrapposti, negati ma infine assimilati.
Omaggio
alla cultura classica, satira intensa ma mai volgare del cattolicesimo,
pastiche
di (s)mitizzazioni e ironie sui luoghi comuni dell’italianità: per la
sua prima personale milanese, de Vries
offre un catalogo costruito
apposta per l’evento – quasi un site specific
– dove
dimostra di saper orientare con classe il suo linguaggio, unico, là dove meglio
crede.
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francesco sala
mostra visitata il 20 marzo 2010
dal 24 febbraio al 14 aprile 2010
Bouke de Vries
– A Grand Tour of My Mind
Gloriamaria
Gallery
Via Watt, 32
(zona Porta Genova) – 20143 Milano
Orario: da
lunedì a venerdì ore 10-13 e 15-18 o su appuntamento
Ingresso
libero
Info: mob. +39
3357187768; info@gloriamariagallery.it;
www.gloriamariagallery.com
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