Davvero viaggiare può escludere totalmente
l’organizzazione e la prassi del viaggio? Può il viaggio in sé venire inteso
come confronto allegorico esteso alla fissità del quotidiano? Quando usare l’esperienza
mentale in qualità di viatico d’uso? Che cosa s’intende per, e dove ristagna,
la conoscenza acquisita nel viaggiare? E infine, come si altera, in chi ricorda
a posteriori, il senso del viaggio e il segno del suo vissuto?
Alla Galleria Zero… quattro artisti di quattro differenti
estrazioni formative provano a dare risposta a ogni domanda, seguendo, come da
tradizione, strade diverse. Il dedalo del viaggio inteso come confronto, come
rete di rimandi, trasformazioni e come supporto di immagini che dialogano a
mezz’aria riempie lo spazio industriale della galleria. Pareti gibbose e sale
rudi, però, lasciano intendere di soffrire, almeno in notturna, le luci al neon
(troppo forti) e l’eccessiva messa in rilievo di dettagli non troppo curati.
Interrompendo così l’alchimia estetica voluta dal titolo della mostra: Neanderthalian
Nights (The world is not at home).
Purtroppo infatti, le interruzioni proposte
dall’allestimento cozzano con la fragile rete semantica del viaggio,
formalizzata da quattro percorsi artistico-individuali che invece dovrebbero
incontrarsi tra loro e dar vita ad un possibile straordinario racconto. Sebbene durante l’inaugurazione la
mostra abbia accolto una notevole quantitĂ di persone, la difficoltĂ di lettura
degli elementi disposti restava notevole, lasciando senza orientamento i
presenti, costretti – almeno per quanto riguarda le prime sale – a galleggiare
nel vuoto.
Comunque Neanderthalian
Nights (The world is not at home) propone, seppur sparpagliati, progetti di rilievo.
Anthony Burdin, artista californiano che vive da
quasi dieci anni nella propria auto, espone per esempio, attraverso il
finestrino della sua Chevy Nova del 1973, i filmati tratti dalla serie Voodo
Vocals, iniziata
nei primi anni ’90. Burdin, che si definisce “recording artist”, guida con la sua videocamera,
cantando canzoni trasmesse dalla radio o da un registratore sporco di vernice
posato sul sedile del passeggero. I suoi gusti musicali sono eclettici e
spaziano dai Blue Ă–yster Cult alla colonna sonora di James Bond; la sua voce mugola e stride in
un groviglio atonale che fa da parallelo ai movimenti traballanti della
videocamera, intenta a seguire il paesaggio urbano che scorre.
Giorgio Andreotta Calò registra invece il cambiamento
della struttura urbanistica di Sarajevo attraverso una fotografia scattata in
un’area dismessa, mentre Juliette Blightman, onorando seppur lontanamente il
tema The World Is Not at Home, installa la ricostruzione di un angolo di casa del
gallerista, accendendone persino la stufa.
Il lavoro piĂą enigmatico rimane il
doppio video di Shimabuku. L’artista pesca un polipo per poi farlo viaggiare assieme
a lui fino al mare, mentre alcuni cantastorie brasiliani ne narrano le gesta.
Una pellicola che, attraverso l’abilità narrativa nell’incrociare storie,
impressiona sguardi molteplici e inquietanti.
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mostra visitata l’11 marzo 2010
dall’undici marzo al
14 aprile 2010
Neanderthalian Nights (The world is not at home)
Galleria Zero…
Via Tadino, 20 (zona Piazza Lima) – 20124 Milano
Orario: da martedì a venerdì ore 11-13.30 e 14.30-19.30; sabato ore 15-19.30
Ingresso libero
Info: tel. +39 0236514283; fax +39 0299982731; info@galleriazero.it; www.galleriazero.it
[exibart]
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Dispiace vedere quanto la Galleria zero stia sempre piĂą perdendo la bussola di orientamento. ChissĂ , forse il cambiamento di spazio, la sempre piĂą marcata esterofilia del gallerista denotano un certo sbandamento che non fa certo bene all'arte italiana. Forza Galleria Zero! Potete sempre correggere il tiro e tornare alle origini, a quella purezza di valori che vi ha sempre contraddistinto.
Paolo Zani di Galleria Zero è un aspirante Berlusconi, dietro al finto (e stantio) atteggiamento anni '70 da comunista con la galleria rotta e fatiscente, stile centro sociale, nasconde una reale sete di mercato che giustifica le sue scelte esclusivamente modaiole. Bocciato!
La galleria Zero... è più importante delle opere che contiene.
La galleria zero è sintomo della situazione.
Purtroppo non si riesce o non si vuole guardare in faccia la realtĂ . Cliccate su questi due link:
http://www.viafarini.org/italiano/mostre/raccolto.html
http://www.viafarini.org/italiano/mostre/fioritura.html
Viviamo delle mostre "piene" ma dei vuoti di urgenze. Per motivi commerciali o perchè ottusi, non vogliamo renderci conto che alcuni codici vanno messi in discussione. L'arte contemporanea, da alcuni anni, ha iniziato a fare il verso a se stessa. Quando non si tratta di ikea evoluta (design ben formalizzato + citazione colta qualsiasi) sembra che certe opere discendano da un unico artista che cambia semplicemente nome di volta in volta. Se volete esempi, sfogliate Moussoscope.
La galleria zero registra (più o meno sommessamente) questo stato di cose. E cerca di fare il meglio con quello che ha. Quello che ci si potrebbe aspettare da gallerie come questa è una riflessione un po' più approfondita sul cosa abbia senso definire opera-prodotto. La crisi economica è data anche da una sovraproduzione e saturazione di prodotti, e già il sistema economico sta cercando rimedi. Non capisco perchè l'arte non si ponga il problema del prodotto. Secondo me c'è anche un collezionismo un po' primitivo, che non riesce a rinunciare allo shopping di lusso per opere che sono ikea di lusso. Però in questo caso, personalmente, non mi sembra più stimolante l'arte e l'artista. Perchè la definizione di artista vive una contraddizione: una burocrazia della creatività . Meglio una passeggiata in alta montagna o una doccia fredda.