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02
settembre 2008
fino al 14.IX.2008 Jacopo Miliani / Richard Clements Milano, Brown
milano
Una doppia mostra “occupa” la redazione di una rivista senza carta. L’altare di una cerimonia interrotta, oggetti che denunciano la tirannia della percezione. Riflessioni sul rapporto tra spazio e spettatore, tra alchimia, minimalismo e spiritualità...
Siamo abituati a vedere pubblicazioni virtuali passare dal web alla carta, ma riviste online che si materializzano come progetti espositivi sono quasi una novità. Brown project space nasce da “Brown magazine”, dando forma concreta ai temi al centro della pubblicazione: spiritualità, alchimia e arte popolare.
L’installazione The Guest di Jacopo Miliani (Firenze, 1979) riflette sullo spazio. Sul pavimento è collocata una piattaforma di quattro lastre nere, che lo divide in un’area percorribile e un centro non oltrepassabile per lo spettatore. La piattaforma s’impone come una sorta di altare, la cui dimensione sacra è ribadita e amplificata dai quattro specchi sui quattro angoli della stanza, che moltiplicano le dimensioni e convogliano i raggi in un unico punto, dando luogo a un’invisibile piramide di luce.
All’esterno di essa, su due pareti opposte, una maschera e una pietra, una forma densa di significati simbolici che fissa la materia da cui deriva. L’atmosfera sospesa e incontaminata è violata da un semplice elemento. Basta un foglio di carta abbandonato sulla piattaforma a sovvertire l’ordine, facendo irrompere nello spazio del cerimoniale una temporalità diversa. Un semplice oggetto trasforma la perfetta circolarità senza ripetizioni del rit, in una successione di momenti, testimonia l’interruzione di una cerimonia o il suo essere ancora da compiersi. E colloca lo spettatore sulla soglia di due spazi e di due temporalità completamente differenti.
Le opere di Richard Clements (Londra, 1983) sono oggetti muti, che s’impongono come baluardi contro la tirannia della percezione e le sue pretese di classificazione. Da una parte, a terra, cinque assi di ebano e acciaio, assemblate in una forma aperta. La materia esprime la forza del suo colore, non manipolato artificialmente, privo di qualsiasi camuffamento. Di fianco, una forma chiusa con gli angoli smussati, il calco in bronzo di un oggetto trovato, dipinto di bianco, come lo sgabello di legno su cui è collocato.
Le opere in mostra non eludono l’obbligo di significazione dello spettatore, ma intessono legami tra loro, facendo dialogare differenze e analogie delle loro forme e della loro materia. L’aspetto materiale e la trasformazione degli elementi sono centrali nell’opera di Clemens. Qui lo sottolineano soprattutto le due bottiglie di Klein presentate: alambicchi in vetro ripiegati su se stessi e senza nessuno sfogo, nessuna via d’uscita all’esterno. Intrappolano le particelle di bronzo che contengono in un processo infinito di modificazione.
Esattamente al contrario del riposo ermeneutico di cui parla Tiziano Scarpa, questi oggetti non offrono alcuna rassicurazione, mantengono vivo il disagio di un’interpretazione che non riesce ad afferrare un’unica chiave in grado di disinnescare la loro carica semantica. Al contrario, rimangono silenti e ci intrappolano in un groviglio inestricabile di significati, formali, linguistici, spirituali. In una ricerca senza fine.
L’installazione The Guest di Jacopo Miliani (Firenze, 1979) riflette sullo spazio. Sul pavimento è collocata una piattaforma di quattro lastre nere, che lo divide in un’area percorribile e un centro non oltrepassabile per lo spettatore. La piattaforma s’impone come una sorta di altare, la cui dimensione sacra è ribadita e amplificata dai quattro specchi sui quattro angoli della stanza, che moltiplicano le dimensioni e convogliano i raggi in un unico punto, dando luogo a un’invisibile piramide di luce.
All’esterno di essa, su due pareti opposte, una maschera e una pietra, una forma densa di significati simbolici che fissa la materia da cui deriva. L’atmosfera sospesa e incontaminata è violata da un semplice elemento. Basta un foglio di carta abbandonato sulla piattaforma a sovvertire l’ordine, facendo irrompere nello spazio del cerimoniale una temporalità diversa. Un semplice oggetto trasforma la perfetta circolarità senza ripetizioni del rit, in una successione di momenti, testimonia l’interruzione di una cerimonia o il suo essere ancora da compiersi. E colloca lo spettatore sulla soglia di due spazi e di due temporalità completamente differenti.
Le opere di Richard Clements (Londra, 1983) sono oggetti muti, che s’impongono come baluardi contro la tirannia della percezione e le sue pretese di classificazione. Da una parte, a terra, cinque assi di ebano e acciaio, assemblate in una forma aperta. La materia esprime la forza del suo colore, non manipolato artificialmente, privo di qualsiasi camuffamento. Di fianco, una forma chiusa con gli angoli smussati, il calco in bronzo di un oggetto trovato, dipinto di bianco, come lo sgabello di legno su cui è collocato.
Le opere in mostra non eludono l’obbligo di significazione dello spettatore, ma intessono legami tra loro, facendo dialogare differenze e analogie delle loro forme e della loro materia. L’aspetto materiale e la trasformazione degli elementi sono centrali nell’opera di Clemens. Qui lo sottolineano soprattutto le due bottiglie di Klein presentate: alambicchi in vetro ripiegati su se stessi e senza nessuno sfogo, nessuna via d’uscita all’esterno. Intrappolano le particelle di bronzo che contengono in un processo infinito di modificazione.
Esattamente al contrario del riposo ermeneutico di cui parla Tiziano Scarpa, questi oggetti non offrono alcuna rassicurazione, mantengono vivo il disagio di un’interpretazione che non riesce ad afferrare un’unica chiave in grado di disinnescare la loro carica semantica. Al contrario, rimangono silenti e ci intrappolano in un groviglio inestricabile di significati, formali, linguistici, spirituali. In una ricerca senza fine.
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mostra visitata l’8 luglio 2008
dal 18 giugno al 14 settembre 2008
Jacopo Miliani / Richard Clements
Brown Project Space
Via Eustachi, 3 (zona Porta Venezia) – 20129 Milano
Orario: giovedì e domenica ore 15-19; da lunedì a mercoledì e venerdì su appuntamento
Ingresso libero
Info: mob. +39 3206844091 / +39 3476001457; tobebrown@gmail.com; www.brownmagazine.it
[exibart]