Siamo abituati a vedere pubblicazioni virtuali passare dal web alla carta, ma riviste online che si materializzano come progetti espositivi sono quasi una novità. Brown project space nasce da “Brown magazine”, dando forma concreta ai temi al centro della pubblicazione: spiritualità, alchimia e arte popolare.
L’installazione
The Guest di
Jacopo Miliani (Firenze, 1979) riflette sullo spazio. Sul pavimento è collocata una piattaforma di quattro lastre nere, che lo divide in un’area percorribile e un centro non oltrepassabile per lo spettatore. La piattaforma s’impone come una sorta di altare, la cui dimensione sacra è ribadita e amplificata dai quattro specchi sui quattro angoli della stanza, che moltiplicano le dimensioni e convogliano i raggi in un unico punto, dando luogo a un’invisibile piramide di luce.
All’esterno di essa, su due pareti opposte, una maschera e una pietra, una forma densa di significati simbolici che fissa la materia da cui deriva. L’atmosfera sospesa e incontaminata è violata da un semplice elemento. Basta un foglio di carta abbandonato sulla piattaforma a sovvertire l’ordine, facendo irrompere nello spazio del cerimoniale una temporalità diversa.
Un semplice oggetto trasforma la perfetta circolarità senza ripetizioni del rit, in una successione di momenti, testimonia l’interruzione di una cerimonia o il suo essere ancora da compiersi. E colloca lo spettatore sulla soglia di due spazi e di due temporalità completamente differenti.
Le opere di
Richard Clements (Londra, 1983) sono oggetti muti, che s’impongono come baluardi contro la tirannia della percezione e le sue pretese di classificazione. Da una parte, a terra, cinque assi di ebano e acciaio, assemblate in una forma aperta. La materia esprime la forza del suo colore, non manipolato artificialmente, privo di qualsiasi camuffamento. Di fianco, una forma chiusa con gli angoli smussati, il calco in bronzo di un oggetto trovato, dipinto di bianco, come lo sgabello di legno su cui è collocato.
Le opere in mostra non eludono l’obbligo di significazione dello spettatore, ma intessono legami tra loro, facendo dialogare differenze e analogie delle loro forme e della loro materia. L’aspetto materiale e la trasformazione degli elementi sono centrali nell’opera di Clemens. Qui lo sottolineano soprattutto le due bottiglie di Klein presentate: alambicchi in vetro ripiegati su se stessi e senza nessuno sfogo, nessuna via d’uscita all’esterno. Intrappolano le particelle di bronzo che contengono in un processo infinito di modificazione.
Esattamente al contrario del riposo ermeneutico di cui parla Tiziano Scarpa, questi oggetti non offrono alcuna rassicurazione, mantengono vivo il disagio di un’interpretazione che non riesce ad afferrare un’unica chiave in grado di disinnescare la loro carica semantica. Al contrario, rimangono silenti e ci intrappolano in un groviglio inestricabile di significati, formali, linguistici, spirituali. In una ricerca senza fine.