La galleria, vista da fuori, dalle vetrate, è immensa. Si entra dall’alto, dal piano strada, ad altezza marciapiede, si scende una breve scala e infine si accede al seminterrato. Il parquet di legno chiaro illumina il percorso. I muri sono leggermente ombreggiati. Alle pareti, le fotografie, poche, risaltano sobrie. Rigate dalla luce verticale dei faretti. Il silenzio è sciolto, uniforme. Il contrasto tra il bianco e nero dei lavori e il chiaro/scuro degli ambienti è già un segnale. Un anticipo impercettibile che introduce al tema della mostra. Alla disposizione dell’avvenire. Sull’intonaco della prima parete, come una guida, viene raccontata una storia. La parola che colpisce è alternanza. Proprio quel piano ideale dove gioca l’intera serie di fotografie, il piano parallelo delle differenze. Dei veli di senso.
L’autore di Unique exposure, Francesco Carrozzini (Milano, 1982), è giovanissimo, si sta ancora formando, ma è ufficialmente fotografo, a tempo pieno. Lavora e dialoga con facilità nel mondo della moda, realizzando anche progetti video, documentari, commercial e filmati. Queste credenziali comunque servono a poco, bastano giusto a dare una sottile infarinatura esegetica alle lastre esposte in galleria. I lavori sono scatti che non fanno di sperimentazioni visive e invenzioni ottiche la loro bandiera portante. Ma la grazia e la compostezza degli scatti rimane morbida e ben distribuita, anche dopo che l’occhio ha cristallizzato e distinto i diversi piani diegetici. Ognuna delle nove u.e. è una stratificazione di due, o più, differenti scatti. Forse per questo Carrozzini cerca l’ombra azzurra della sottigliezza, senza dare una direzione solida, un taglio diretto, all’incrocio dei piani, delle ombre e delle azioni impressionate. Entrando nello specifico della composizione, i soggetti corrono da una fotografia all’altra impersonando sempre gli stessi attori. Una coppia che si muove e cammina rapida in città, a New York, apparentemente braccata da un nemico invisibile.
Cinque fotografie, rispetto alle nove esposte, formano una mini serie che riprende le giornate di un uomo e una donna, glassate, attraversate da paesaggi incontaminati. Può succedere che un normale primo piano cittadino dei due modelli, sia attraversato in trasparenza da nuvole al tramonto. O ancora, leggermente più suggestivo, che un volto misterioso di donna appaia come uno spettro, una minaccia sulla leggera corsa della coppia, mano nella mano. I restanti quattro scatti sono, invece, una trattazione ritrattista, in continua dissolvenza. Una giovane ragazza, a volte ostinatamente in posa, viene sovrapposta, impressa sopra riprese cittadine e primi piani d’oggetti d’interni. Una prima personale sottile e bilanciata. Un esploit fotografico ricco di suggestioni, ma mozzo, interrotto rispetto ad un vero e proprio punctum narrativo.
ginevra bria
mostra visitata il 12 giugno 2007
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