Una linea blu percorre tutte le
pareti dello spazio ed è già visibile quando si varca il portone del cortile
interno a Brera, dove si trova la Galleria Antonio Battaglia. Si tratta di un’installazione
di tele, tutte della stessa forma orizzontale (50×150 centimetri), che formano
a distanza un unico percorso visivo, un inconfondibile paesaggio di
Domenico
David (Stalettì,
Catanzaro, 1953; vive a Milano).
Case, palazzi e strade sono
immersi in una tonalità blu notte, quando l’unica luce resta quella
artificiale, quella attraverso cui “
l’uomo riesce a creare un paesaggio
differente”, come
l’artista stesso scrive in catalogo. Non a caso il titolo di tutte le sue opere
è
A basso voltaggio, con un linguaggio fisico e scientifico anziché umanistico, facendo riferimento
specifico al mondo dell’elettricità e quindi dell’artificiale, di ciò che non
esisterebbe se non fosse costruito e regolato dall’uomo.
L’esigenza d’affermazione umana dà
vita in questo modo a un nuovo scenario, modellandolo a sua immagine e
somiglianza, in una seconda creazione dove un sole notturno rischiara e
nasconde relativamente le sue esigenze. In questo senso, il paesaggio della
notte è quello che più gli somiglia, quello dove si mescolano immaginazione e
paure, il senso del romanticismo e quello del mistero, dove il sole non rende
tutto banalmente svelato, dove si può guardare il cielo senza restare
abbagliati, e quindi fermarsi a pensare indisturbati a una spiritualità
sovrastante.
In effetti, nei
landscape di David le case si
rimpiccioliscono sempre più, sono isolate e occupano una porzione minore di
spazio. Quello che sembra essere ormai preponderante è tutto ciò che si trova
oltre, mentre gli edifici e le strade sono quasi semplici simboli d’una
presenza umana che passa, che transita a una velocità manifestata dalle
pennellate fluide sulle strade e dagli strascichi delle luci.
È una transitorietà temporale, ma
anche d’incisività delle nostre vite, di cui difficilmente si è soddisfatti.
Scrive Elena Pontiggia in catalogo: “
Tutti vediamo a basso voltaggio, cioè
in modo incerto. Tutti viviamo a basso voltaggio, cioè al di sotto delle nostre
possibilità”.
Ma l’orizzonte, quella linea che
intravediamo al di sopra di tutto e che l’installazione ricrea in galleria, ha
un sapore eccezionalmente consolatorio. L’orizzonte è metaforicamente il futuro
e l’avvenire, è la linea in cui coabitano il cielo e la terra, la testimonianza
di quello che vogliamo raggiungere, un equilibrio fra le agitazioni quotidiane
e una calma che tiene saldi.
È una culla di promesse e attese,
che l’artista ha ricreato come un promemoria di speranza al suo pubblico.
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Lio sei venduta
Cavolo la tua recensione è valida come il premio a Marzia Migliora..
recensione fasulla
Dite quel che volete, ma a me non dispiacciono.
il problema non sono i lavori , ma la recensione fatta da una persona che vuole lavorare in quella galleria dunque altera il suo parere pur di "Dirne bene".... a Lio un po' di etica professionale.
trattasi della solita minestra del resto quando cade l'ispirazione che si può pretendere?
Ma quando cade l'ispirazione di che?