Ad accogliere il visitatore alcuni cani modellati in cemento su scheletri di ferro, vagabondi e selvatici abitanti delle città e custodi dei paesaggi in mostra.
Dalle suggestioni mediterranee e le luci diafane ai toni più metallici e plumbei di Milano, le tele sono disposte secondo un’estetica del colore, senza seguire una logica geografica o cronologica. Ibla, l’antica Ragusa, è esposta accanto alla Città Nera, cupo paesaggio metropolitano il cui cielo argenteo è ripreso dal bianco che sembra inondare il grattacielo in Velasca.
E’ una pittura energica, passionale, quella di Velasco (1960), che entra nel dettaglio minuzioso così come con tratto veloce ed essenziale dipinge le “città da lontano, da vicino, dall’alto dalle viscere, affinché lo sguardo non sia mai univoco”. Le corpose pennellate rimangono come grumi sulla tela che sembra una tavolozza. In alcuni dipinti sembra predominare un colore, sfumato in diverse tonalità e combinato ai neri, ai grigi ed al bianco. In Milano, la gamma di azzurri e celesti insieme al nero delinea le architetture in parte non concluse, indefinite. In alto a sinistra, parte della città sembra appena abbozzata, come fosse un disegno di studio, esprimendo così la metropoli in movimento. Un contrasto accentuato con la fascinosa precarietà e immobilità dei paesaggi aridi siciliani, con i muri sbrecciati di palazzi dai fasti antichi, ormai in declino.
La mancanza di contorni netti e la sovrapposizione del colore fa sì che nei paesaggi si possa leggere qualcosa di quasi astratto, poiché – spiega l’artista- “i luoghi rappresentati portano il segreto di essere qualcos’altro”. Per Velasco la pittura deve occuparsi di ciò che non si vede: osservati da vicino gli scorci marini ed urbani sembrano essere incompiuti, eppure rappresentano la città nei minimi dettagli, lasciando un varco aperto all’immaginazione.
Così come le pennellate pastose sconfinano l’una nell’altra, non sembra esserci cesura tra i volumi. La matericità del colore è accentuata dalla sovrapposizione di strati di frammenti di tela e di stracci, di pagine di giornali e pubblicità strappate, di barche di carta disegnate a china ed applicate sulla tela, o dall’uso di colori granulosi (come la sabbia in a Palermo). Ed è il lavoro stesso l’ispirazione per Velasco perché “mentre lavori il segno richiama fantasie e visioni, è come pilotare un sogno”.
francesca ricci
mostra visitata il 15 dicembre 2004
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