La natura è storicamente un tema caro all’arte. Se nel Medioevo era soggetta a un ruolo di semplice sfondo e ambientazione delle vicende umane, come nei cicli delle stagioni e nelle rappresentazioni di eventi pubblici e sacri, desta invece maggior interesse nell’indagine dai toni spesso scientifici del Rinascimento, con le vedute di
Leonardo e l’interesse botanico di
Dürer e
Botticelli (ci sono fino a 500 specie diverse di fiori nella
Primavera). Fino a raggiungere, nel Seicento, toni bucolico-classici alla
Lorraine, trionfare nell’Ottocento col sublime romantico di
Friedrich e con l’Impressionismo, che l’osserva incuriosito mentre viene baciata dalla luce, elevandola a tema prestigioso della ricerca artistica.
Fino a che, nel Novecento, l’uomo inizia a riflettere su se stesso e su ciò che deriva dalla sua azione. In molti casi il soggetto preferito diventa la città (pensiamo a
Boccioni,
Léger,
Sironi), nuovo ambiente in cui l’uomo moderno meglio s’identifica.
Uomo-contesto e
immaginazione-concetto sono le nuove aree tematiche che circoscrivono le riflessioni degli artisti.
Federico Luger si è chiesto in che modo gli artisti contemporanei inseriti quotidianamente in un ambiente urbano riescano a vedere oggi la natura e come, a sua volta, la natura riesca a farsi strada nelle soffocanti metropoli dei nostri giorni.
L’opera di
Richard Billingham, introduttiva alla mostra, è l’emblema di come l’uomo sia riuscito ad artificializzare la natura, idealizzandola su una parete. I visitatori dello zoo osservano le scimmie in gabbia, vantando una condizione di “libertà” effimera, dal momento che l’esistenza dell’uomo è pregna di condizionamenti imposti dalla società, che si discostano ampiamente dalle nostre primarie esigenze.
E la natura ricontestualizzata all’interno delle sovrastrutture umane diventa il tema fondante di questa mostra, che si avvale di un’eclettica selezione di artisti internazionali. Da un lato la natura conflittuale di
MP & MP Rosado, che manifesta desiderio di ritorsione soggiogando l’uomo, suo eterno carnefice, o quella di
Luca Pozzi, che espande nell’aria il suo urlo liberatorio. E, ancora, la natura vanto e strumento di un’ideologia di
Diango Hernández, trasfigurata in provocatorio “gioiello”.
Dall’altro lato, viene magicamente ridisegnata con strumenti inconsueti, come l’albero stilizzato di scotch realizzato da
Igor Eskinja o le figure femminili velate di
Bruna Esposito, trasformate in eleganti calle, e della quale è presente in mostra anche un progetto di riqualificazione artistica di toilette pubbliche presentato alla Biennale di Istanbul del 2003 (che ha tutti i toni di quei fantastici progetti di città ideale di
Ledoux). Infine, la natura intrappolata negli oggetti vintage, recuperati e fotografati da
Molina-Pantin, per colmare la nostalgica separazione da prati e boschi a cui la vita moderna ci costringe.
Dopo secoli di rappresentazione, ecco una sintesi della percezione contemporanea della natura. Che, stretta nella morsa di cemento, non smette comunque di ricordarci che da essa tutto inizia e tutto finisce.