Lo spazio che Francois Morellet usa per fare arte è un luogo proiettivo, vettoriale. La materia acrilica si stende tersa e si allunga verso i punti di fuga. Le linee seguono l’apertura perimetrale del limite e l’angolo si fa elemento primigenio, chiave delle relazioni geometriche. Mentre il bianco e il nero escludono le indecisioni dei colori. Persino la superficie lamellare e livellata della galleria sembra essere progettata su misura, adatta a proseguire i punti che sottendono le linee delle opere.
Tra le sculture e le tele dell’artista francese, infatti, si respira aria affilata di scorcio. I frammenti geometrici si liberano ordinati rivelando una rigorosa applicazione di sistema. In Twin strip-teasing, ad esempio, le simmetrie convergono solo come possibili casi di interferenza. La corrispondenza del doppio non collima mai perfettamente. Così la de-spazializzazione del segno, che prosegue al di là del confine fisico del dipinto, crea infiniti luoghi di compensazione, e di altre fini possibili. Le figure che corrono aperte hanno, per questo motivo, una continuità che concentra lo sguardo e lo ingaggia alla presenza del singolo elemento.
L’artista, per scelta, dispone sculture e tele in uno spazio neutro che esclude le contaminazioni a meno che non si tratti di migrazioni fra linea e linea o fra concetti simili. Il motivo è semplice: per muoversi, decomporsi, ricomporsi o sovrapporsi il tratto deve mantenere la stasi come terra di mezzo. Così facendo, il limite che si è spinti a cercare trascina a sua volta, in maniera progressiva, la soglia in espansione delle distanze.
E il punto di fuga viene inevitabilmente attirato verso l’angolo. In esso, infatti, nel suo occhio, nel vertice esplodono veri e propri centri energetici cause del disfacimento geometrico. Quello che stupisce di Morellet è la scansione statica di un moto rettilineo veloce, così rapido da nascondere il frammento. Questa tensione netta si risolve e si evidenzia nelle sculture al neon, dove l’artista pone alla terza dimensione il problema del superamento. In esse si comprende come il fine del segmento non consiste nella acquisizione assoluta della forma, quanto piuttosto nel riconoscimento della sua fisicità oltre il limite della vista.
ginevra bria
mostra visitata l’11 gennaio 2006
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