“
Fu questione di qualche minuto al massimo”, scriveva in
Demon and Beast William
Butler Yeats
, “
poi
quell’astuto demone e la sua bestia urlante / che mi affliggevano giorno e
notte / scomparvero dalla mia vista / e sebbene avessi fatto a lungo da perno /
alla ruota del mio odio e del mio desiderio / ho visto la mia libertà vincere /
ed avere solo sorrisi nel sole […] Ma troppo presto arrivò la prima lacrima /
causata da una gioia senza scopo / che mi fece fermare accanto a quel piccolo
lago / a guardare un gabbiano bianco prendere / un pezzetto di pane lanciato
nell’aria / a tratti roteando e facendo perno su se stesso / lui però schizzava
in direzione di un’assurda / tarchiata folaga dalla testa verde / scrollandosi
l’acqua di dosso dalla schiena / senza più sembrare demoniaco / Una stupida
creatura felice / aveva appena risvegliato la mia vera natura”.
Cosimo Terlizzi (Bitonto, Bari, 1973; vive a Bologna) sembra conoscere
alla perfezione queste parole. Il fotografo-sceneggiatore-regista pugliese sa
come imprigionare quella inquieta natura bestiale che – a tratti violenta –
esclude e che – a tratti paurosa – spinge oggetti e paesaggio nel campo delle
sue inquadrature.
Collezione paesaggio è una riflessione muta e lucida sullo spazio della
sorpresa, immerso nella spianata della natura. All’interno di questa personale,
Terlizzi propone visioni e visuali in cui l’attenzione viene esposta e
sfoderata per essere rivolta completamente verso l’esterno. L’uomo diventa un
dettaglio induttivo che replica e metamorfizza la natura.
Ne è un esempio
Il Leone custode del pozzo, foto scattata nei dintorni di
Bologna, nella quale un felino posto sul tetto di una casetta protegge il pozzo
di un campo. Un leone di peluche, un giocattolo sfilacciato che veglia e
rievoca la forza del contadino. In
Bastia Mondovì Terlizzi immortala due robinie
come se fossero due pietre miliari, piantate accanto alla strada. L’una è
sormontata da alcune bandiere di fortuna, l’altra sembra rimasta indifferente a
tutto. Le bandiere – segno di festa, segno di rito e di conquista – sembrano
evidenziare, attraverso la chioma, una volontà di dominio sui quei rami,
considerati un territorio o un altrove da conquistare.
A Pantelleria Terlizzi scatta
Campo Bello, trasfigurando la presenza umana
attraverso la scoperta di alcuni oggetti lasciati incustoditi. Una rete da
pesca e una maglietta a righe che svolazza al vento sembrano rimaste in posa
per richiamare l’assenza che le ha sottoposte all’obiettivo. Nei boschi di
Pesaro il fotografo si lascia andare a un virtuosismo mimetico e compone
Damien
the animal boy: un
ragazzo rimane a guardare il cielo, avvolto da uccelli impagliati e attaccati al
corpo con lo scotch.
Alcune scuole di lettura vedono, in questa foto, un
tentativo d’immedesimazione nella natura. Ma rimandiamo ogni definitiva
interpretazione al lucido girato di
Beauty and the Beast, video utile per capire come
Terlizzi approfondisca la natura attraverso il marchio delle mosse e delle
motivazioni umane.