La Fondazione Zappettini è alla sua prima serata di inaugurazione. Per cominciare il ciclo di rassegne è stato scelto un artista che deve molto alla città di Milano. È stato chiamato ad esporre un pittore che ritrae lo spazio, per far dimenticare come è stato fatto. E in fondo, le metrature claustrali della Fondazione potrebbero coincidere con una ricerca sull’infinito del limite, ricerca che Gianni Asdrubali (Tuscania, Viterbo, 1955) persegue da alcuni anni.
In esposizione solo poche opere. La sala unica, la stanza centrale della Fondazione, forse, non riesce ad esprimere al meglio la potenza vibrante e confusa delle pennellate di Asdrubali. La tecnica di compattazione del segno nel colore, e la forma reticolare delle sue non-forme, trasposte in concomitanza sulle tele, vengono messe in risalto al meglio su grande formato. Vedere in mostra solo una Stoide, una Zunta e alcuni modellini-studio, realizzati per future produzioni, lascia un po’ d’amaro in bocca.
Quasi un anno e mezzo fa, Asdrubali aveva per l’appunto realizzato una personale dal titolo Stoide, sempre a Milano, presso la Galleria Artra. In quell’occasione l’esplosione superficiale dei formati colpiva e rimaneva maggiormente impressa. Le forme ripetitive e scorrette, dei grandi lavori esposti, avevano lasciato un segno più profondo nell’immaginario artistico rispetto alla portata di questo evento.
La Stoide è una superfigura, una sorta di reticolato energetico che imprigiona lo spazio, infinito chiuso, amplificandolo. Sulla tela, l’acrilico traduce questa formula seguendo una traccia e una geometria ben precise. La carica esasperata del colore sembra lanciata a tutta velocità attraverso i peli del pennello, e le sue raggiature.
La rapidità della presa è necessaria ad inseguire i vettori di quelle celle scure che delimitano lo spazio frontale. Il luogo dello spazio frontale, per Asdrubali, è il nesso, il nodo centrifugo che sottende alla forza compositiva dei nidi neri di pittura acrilica.
Secondo il pittore, infatti, lo spazio è pieno di spazio. E così pure la tela. È inutile aspettare che il vuoto faccia da rompighiaccio, aprendo il varco verso la terza dimensione. Bisogna prima ridurre la rappresentazione astratta ad un teatro pittorico somigliante al reale. E poi aspettare che la superficie riduca l’ordine del motivo riproduttore. Il vero segreto logico dello spazio frontale, allora, consiste nella compattazione esasperata dell’esistente. Quel grumo geometrico di acrilico che deve essere ridotto fino alla sua sparizione visibile.
Grazie a questo impianto prospettico, compattato, le figure pittoriche di Asdrubali, figure cosmiche e fisiche, acquistano un ordine proprio, tutto particolare. I lavori esposti diventano, allora, un condensato teorico della limitazione. Una sorta di parola ripetitiva che annulla la funzione del linguaggio e lo salva dalla dura legge delle leggi. Ancora una volta un trionfo estetico, una sconfitta della velocità spaziale rispetto alla chiusura della manipolazione temporale.
articoli correlati
Asdrubali alla Galleria Artra
ginevra bria
mostra visitata il 9 maggio 2007
110 gallerie da 30 Paesi, con un’attenzione speciale agli espositori asiatici. Sguardo in anteprima alle novità della terza edizione
Gioiello del Museo Archeologico di Napoli, l’Atlante Farnese sarà esposto al Padiglione Italia di Expo 2025 a Osaka, in Giappone:…
Marco Bagnoli trasforma la Reggia di Caserta in un luogo di riflessione, tra scultura e architettura, riscoprendo la memoria della…
Casa De Rodis ospita fino al 26 ottobre 2024 la mostra “Lorenzo Peretti (1871 – 1953). Natura e mistero”, organizzata…
Presentata la monografia completa dedicata ad Alberto Garutti, compianto maestro dell’arte pubblica e relazionale: l’idea del volume nacque da un…
Sono passati tre mesi dall’incendio che ha coinvolto parte dell’archivio della Cineteca Nazionale di Roma ma non è stato ancora…