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fino al 15.VI.2010 Marco Campanini Milano, Glenda Cinquegrana
milano
Una fotografia filosofica indaga quadri del passato. Per riportarli alla contemporaneità. Come? Riattivando percorsi di attenzione attraverso le ombre del nostro quotidiano...
A partire dalla sua “invenzione”, la
fotografia si è rivelata non soltanto un mezzo tecnico, ma anche uno strumento
teorico, in grado di suscitare più di una riflessione sui temi della
riproducibilità e più in generale sul significato dell’arte. Il suo sviluppo
tecnico ha scandito le epoche della modernità, spesso anticipandole con
sperimentazioni e reinvenzioni.
Marco Campanini (Parma, 1981; vive a
Fidenza) è consapevole di questo valore culturale del mezzo espressivo che
predilige, tanto che la sua intera opera scorre parallela accanto alla
riflessione teorica che affida ai suoi scritti. La sua è, di fatto, una
fotografia filosofica, che indugia sulla questione della riproducibilità per
riflettere sul valore delle immagini nella società contemporanea.
La mostra racconta “antologicamente” una parte
del suo percorso artistico, quella riferita alla riproduzione di fotografie di
opere d’arte, senza considerare il percorso parallelo di Collezione di
Sabbia,
in cui l’artista aveva indagato immagini prelevate dal web. Le sue fotografie
sono passeggiate virtuali su scenari storici, riprendono – come dichiara lo
stesso autore emiliano – il motivo diderotiano della promenade picturale, dell’immersione in
un paesaggio dipinto.
Il riferimento all’opera di Luigi Ghirri è costantemente
segnalato dalla critica ma, a differenza del fotografo di Scandiano, Campanini
esegue un percorso che sembra più chiaramente orientato verso una precisa presa
di posizione teorica. Le sue reinvenzioni non si dirigono all’esplorazione di
mondi immaginari, ma sottolineano l’esistente, da un preciso punto di vista. In
un certo senso la sua è una sorta di ekphrasis iconica.
Nell’antichità, le opere d’arte venivano raccontante a parole, perché non
potevano essere facilmente riprodotte. L’ekphrasis era uno stile di
descrizione, che si protrasse a lungo ed è in un certo senso l’origine del
discorso sull’arte.
Ma cosa significa descrivere a parole un
quadro? Michael Baxandall ha risposto a questa domanda mostrando come
qualunque descrizione non sia altro che una guida per lo sguardo, una sorta di
indicazione di un percorso sul quadro e delle tappe di attenzione su cui
soffermarsi. Campanini, con le sue fotografie, non fa mostrare percorsi in
grado di trasformare le opere antiche in frammenti del contemporaneo.
Scorrendo le immagini di questa retrospettiva si coglie un
riferimento costante nella scelta delle immagini da riprodurre. Il corpus
relativo a opere del Settecento appare preponderante, come se il giovane
fotografo volesse riattivare lo sguardo dello spettatore su opere che sembrano
ormai scomparse dai riferimenti dell’arte contemporanea. Del resto, appare
difficile scorgere un secolo più lontano di quello dei Lumi, la cui ottimistica
fiducia nella ragione appare oggi sconfessata dalle angosce del presente. Per
questo, Campanini immerge la luminosità dei quadri che riproduce nelle ombre
del nostro quotidiano, aumentandone la suggestione e imponendo allo spettatore
percorsi d’attenzione nei quali riconoscere le proprie inquietudini.
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Grand Tour a Rovigo
Intervista a Marco Campanini
stefano mazzoni
mostra visitata il 27 aprile 2010
dal 27 aprile al 15 giugno 2010
Marco
Campanini – Anthologica
Glenda Cinquegrana Art Consulting – The
Studio
Via Franceco Sforza, 49 (zona Crocetta) – 20122 Milano
Orario: da martedì a sabato ore 14.30-19.30 oppure su appuntamento
Ingresso libero
Info: tel. +39 0289695586; info@glendacinquegrana.com; www.glendacinquegrana.com
[exibart]
Più che una retrospettiva mi pare un riciclo di opere già presentate!