In un articolo sul Corriere della Sera del 12 marzo 1989 Giovanni Testori, inscrivendo Alessandro Papetti (classe 1958) in quella che lui definiva una sorta di “congrega” o “confraternita” d’origine svizzera i cui fondatori furono Varlin e Giacometti, faceva notare come, con la serie di ritratti presentati alla personale del pittore alla Galleria Rotta di Genova, Papetti salutasse “compagni e confratelli” per mettersi su “una derivata, ma personalissima strada”. Era il tempo di quei meravigliosi ritratti schiacciati in una impietosa prospettiva dall’alto, tesissimi e strazianti. In un’intervista al pittore che sarà pubblicata nel catalogo della presente esposizione, Papetti ricorda che Testori, affascinato da quelle figure viste dall’alto, sosteneva che sarebbero dovute diventare la sua ossessione. Dice Papetti: “senza dubbio a quel tempo erano la mia ossessione, ma anche la sua, dato che ci si era riconos
In realtà, aggirandosi per le sale della Fondazione Mudima, che in questi giorni ospita la prima parte della personale del pittore (fino al 6 giugno, quando sarà presentato il catalogo e inaugurata la seconda parte della mostra), si ha la sensazione che quella “personalissima strada”, che dai ritratti visti dall’alto realizzati tra il 1988 e il 1990 portò al ciclo di dipinti intitolato Reperti, in cui l’attenzione si focalizza sul particolare, soprattutto di interni, accompagnandosi ad una riflessione sui segni lasciati dal tempo sulle cose, si sia un po’ smarrita in una serie di citazioni e in un accademismo forse troppo ingombranti. I corpi nudi che si torcono sulla tela rimandano a Bacon; i ritratti con le orbite oculari segnate da ghirigori graffiti rimandano a Giacometti; lo svuotarsi dei pieni nello spazio che li circonda attraverso pennellate veloci e taglienti rimanda a Boldini. Rimangono una tecnica pittorica posseduta fino in fondo ed un virtuosismo del pennello che, da soli, non riescono a convincere.
Accanto ai Nudi, ai Ritratti, a due inquietanti Crocifissioni (in cui si avverte anche la riflessione sulla tradizione pittorica del Seicento lombardo e in generale sulla pittura di luce post-caravaggesca), opere realizzate tra la metà degli anni Novanta ed oggi, vengono esposte anche alcune tele del “ciclo dell’acqua”. Il tema dell’acqua accompagna da anni il lavoro del pittore, che lo definisce “il primo tentativo di uscire dall’interno verso l’esterno. Un tentativo a dire il vero non
stefano bruzzese
mostra visitata il 13 maggio 2005
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Fatt' i cazz' tua!
Chi decide quando le citazioni sono troppe?!
Chi decide quando sono citazioni? Ma soprattutto da quando in qua non si possono usare le stesse note per melodie diverse e comunque affascinanti!!??