Prima personale in Italia per un’artista israeliana che viene dallo scenario altamente propositivo di Tel Aviv. Una scena così ricca che la galleria di Ermanno Tedeschi ne ha fatto un bacino di scoperta. Questa nuova artista, appena entrata a far parte della sua scuderia, si affianca a nomi che in Italia abbiamo già avuto modo di conoscere, come
Menashe Kadishman,
David Gerstein e
Gal Weinstein, e che Tedeschi promuove capillarmente nelle sue tre gallerie di Torino, Milano e Roma.
Del resto, il gallerista è anche Presidente dell’Associazione Amici del Museo di Tel Aviv e la galleria di Milano aveva inaugurato a suo tempo, nel novembre del 2005, proprio con un viaggio metaforico di artisti israeliani verso la fatidica terra promessa.
Anat Betzer (Tel Aviv, 1965) avrebbe potuto far parte alla perfezione di quel primo progetto.
La sua operazione artistica consiste infatti in una raffigurazione di paesaggi eterei, silenziosi, quasi mistici. Sono oli di dimensioni medie e grandi, realizzati limitando il colore al minimo indispensabile ed escludendo del tutto la presenza umana, in modo da rendere ancor più profonda l’atmosfera da luogo incantato, alle soglie della dimensione religiosa.
Il senso di magia aumenta poi grazie a una particolarità che l’artista ha introdotto negli ultimi lavori della sua produzione e di cui tre sono in mostra: lavorare con dittici quasi esattamente speculari. Questo gioco percettivo suscita varie interpretazioni. Il significato magico dell’immagine nello specchio, innanzitutto. Il senso del soprannaturale legato alla perfezione simmetrica delle due parti. La convergenza sul lato interno, che si allarga verso un potenziale infinito, in fuga sui lati esterni. Ma anche, come conferma la stessa artista, un richiamo o un tributo al test psicologico delle macchie di Rorschach. Non solo per quanto riguarda le forme, ma anche attraverso l’analisi o l’autoanalisi innescata dalle riletture multiple del quadro, che i colori acidi o sanguinolenti fanno oscillare tra liricità e violenza.
Da notare, inoltre, la forte tensione all’ascesa, che va intesa nel senso di un superamento del sé verso forme di elevata spiritualità. In
Red Landscape, i rami degli alberi che si congiungono al centro del quadro formano una V aperta verso l’alto.
In
Untitled, lo sguardo scorre verticalmente da un colore più scuro sul fondo a un giallo oro/sole/luce nella parte superiore. E in
Trail on the wood, addirittura, la simmetria ricostruisce un finto sentiero, che sembra salire e arrampicarsi su per la tela.