Ci sono artisti che cercano di esprimere un pezzetto di realtà alla volta ed altri che, con ogni opera, vogliono cambiare il mondo, mostrandolo nella sua interezza. A questi ultimi si unisce Adalberto Abbate (Palermo, 1975), protagonista di questa mostra curata da Raffaele Gavarro.
L’artista aveva espresso chiaramente la sua poetica di matrice pop e dada già nel 2003, quando realizzava Tomato Therapy, 400 tele nelle quali convivevano immagini e simboli difficilmente associabili nel pensiero comune. Accostamenti a volte disturbanti, recepiti da chi guarda come un attacco alle proprie convinzioni, alla propria serena identità. Per chi confida nella saggezza dei nonni, ad esempio, non deve essere rassicurante l’associazione di una simpatica vecchina con la svastica nazista. Tutta la produzione di Abbate può essere considerata una “terapia comunicativa d’urto, dove immagini, oggetti e suoni invadono lo spazio e attaccano il fruitore”, come afferma lucidamente lo stesso artista.
In quest’ultimo lavoro, l’associazione compiuta è quella tra i diversi soggetti delle foto e il loro comune candore. Confezioni di farmaci, un autobus giocattolo esploso, un Big Mac menu una gabbia aperta e un canarino con la testa mozzata, un crocifisso. Tutto assolutamente sbiancato. Con il massimo grado di luce consentito per la nostra percezione.
Come se un sole accecante avesse fatto chiarezza, eliminando i condizionamenti che impediscono di vedere come tutto sia uguale. Più la tv si sforza di enfatizzare, di caricare di emozione la guerra, il denaro, la malattia, la morte, e più queste immagini si sbiancano nella nostra memoria. Abbate è crudo nel mostrare questa condizione di apatia.
Gli oggetti sono quelli di ogni giorno, ma la loro percezione è diversa, è stata corretta. L’artista cerca di esprimere un’alternativa radicale ai linguaggi della comunicazione occidentale: l’indifferenza, il bianco. Tra tanto vociare e azzuffarsi di opinioni differenti e sempre parziali, la differenza assoluta è lo sguardo indifferente sull’esistente. La semplice osservazione di ciò che è.
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Exibinterviste – Adalberto Abbate
davide valenti
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non conoscevo il tuo ultimo lavoro, l'ho visto a venezia e mi e' piaciuto tantissimo verro' a vederla come ti ho promesso a milano.
ancora complimenti.
gabriele
una santa esposizione.
che fine ha fatto il caso sgrena callipari?
e' scomparso come sta per scomparire nella tua foto.
Che italia di merda.
Che giornalismo ancora piu' di merda.
che dirti ogni volta sempre meglio sempre piu' forte e spiazzante.
finalmete si fa rumore senza urlare! bravo
“terapia comunicativa d’urto, dove immagini, oggetti e suoni invadono lo spazio e attaccano il fruitore”, come afferma lucidamente lo stesso artista.
LUCIDAMENTE? MA QUESTO E' UNO SLOGAN DI UN PUBBLICITARIO SCALCAGNATO ANNI '80... APATIA=FOTO SBIANCATE. LA SVASTICA VICINA ALLA VECCHINA, CHE PROVOCATORE EH? ANDIAMO BENE... NEMMENO TOSCANI PER VENDERE UN MAGLIONE ARRIVAVA A COSI' POCO... O TEMPORA.
ma quanti nemici ha abbate?
ogni volta lo attaccano e poi?
il lavoro di abbate è ottimo come pochi in italia e fuori e sicuramente infastidisce, tanto e' vero che lo attaccate.
Cmq un prodotto e' vincente non quando convince e vende ma quando partorisce discussioni su discussioni.
Continuate a parlare male di lui continuate a sostenerlo.
Toscani ha venduto maglioni e voi regalate inutili pareri.
E' di quei lavori "ottimi" come tantissimi in Italia.
Le discussioni piu' accese, la raffica di commenti (certo, gratis), nascono spesso da puttanate. Famose quelle da bar.
gli artisti siciliani ne fanno una piu' del diavolo?
http://www.adalbertoabbate.com