Heri dicebamus. Avevamo lasciato
Goran Petercol alle prese con la sopravvivenza della forma nello spazio. La sensibilità di
Alice Cattaneo (Milano, 1976) è formalmente affine all’artista di Zagabria: entrambi lavorano con i limiti.
Ma nel caso di Cattaneo si deve parlare piuttosto della
sopravvenienza della forma. Un venir dopo lo spazio, abitandolo. Forme che ritornano. Lo spazio è il dinamismo della lontananza: tratti dell’oggetto che definisce con i suoi contorni i luoghi occupati in modo idealmente ricorsivo. La funzione dell’oggetto nello spazio è simile al valore della parola “essere”: supporto dei tratti di tempo in proposizioni senza predicato. E il
vuoto è votato alla stessa provvisorietà ontologica del
nulla.
L’artista milanese studia il vuoto non come luogo da riempire, ma da sfruttare con strutture definite che abitano lo spazio. Materiali molto agili, immediati e contrastanti, listelli di alluminio, strisce di plastica e nylon fluo, che nascono nello spazio e interagiscono con lo spazio, dando forma al
tableau vivant di una performance a porte chiuse. Frammenti veloci di un accadimento che lascia un senso di sospensione: ogni elemento strutturale è molto pensato e molto delicato, passaggio dall’uno all’altro in un vincolo solidale che non nega la possibilità del collasso. Le problematiche strutturali devono essere tenute in gran conto.
Alice Cattaneo edifica architetture precarie che si
muovono nello spazio, potenziando la contraddizione: determinazione del caso, controllo e imprevedibilità. Nulla è inchiodato o incollato, ogni pezzo è duttile e funzionale come le strutture stesse. L’artista abita e le fa abitare nello spazio percepibile, creando
soglie che creano una distanza – se prendiamo per buono il concetto di spazio come dinamismo della lontananza – attraverso l’occupazione di luoghi immaginari nello spazio fisico. Come identificare punti visibili all’occhio della mente.
La spontaneità dell’abitare è il sostare nello spazio, studiandolo accuratamente: per questo le sue architetture prendono la forma dell’installazione site specific. Nulla è preparato prima in studio e poi in mostra; lo studio serve a pensare, non a realizzare.
C’è anche un video: esperimenti spaziali e d’interazione fra oggetti che enfatizzano i concetti di limite e riempimento, intrinsecamente connessi alla rappresentazione mentale della soglia come figura ideale del limite. Anche qui le immagini delimitano una distanza, riempiendola. Mentre Goran Petercol solletica il pensiero di oggetti senza luogo (dunque. formalmente inesistenti) Alice Cattaneo integra il nulla nell’oggetto stesso, costruendo proprio attraverso quei limiti ideali, che sono i luoghi abitati nello spazio, le strutture che interagiscono drasticamente con esso. L’essere e il nulla non sono mai stati così visibili.