Un microcosmo immenso è quello tracciato dal lavoro
site
specific di
David
Adamo (Rochester,
New York, 1979; vive a New York e Berlino). Inaugurata nell’intenso weekend di
Start, la prima mostra italiana
dell’artista newyorchese dipinge un percorso estremamente evocativo di segni
simbolici, che levitano in uno stato di sospensione.
L’installazione di Adamo aggiunge un altro tassello
interessante alla
project room della galleria di via Matteo Bandello, concepita per
mettere gli artisti in relazione con uno spazio estremamente piccolo, di volta
in volta plasmato dall’intervento e dall’interpretazione autoriale. In questo
caso, con Adamo la stanza pare estendersi oltre misura, aprendosi a scenari
metaforici.
C’è una grande arpa che traccia l’architettura fantastica
di una “
città invisibile”. E proprio come nei racconti di Italo Calvino, visitando la mostra
si vive l’emozione di una scoperta. La meraviglia di un viaggio intorno a uno
strumento elegante, fluente, fatto di corde che all’infinito guardano,
indicando la strada del sogno. Strumento complesso, armonioso e sinuoso, l’arpa
diventa un antro magico. Una soglia concettuale in cui regna la “leggerezza”
come categoria estetica essenziale.
Interamente rivestita in legno, la stanza principale
accoglie il visitatore in un cammino che genera suoni. Scricchiolii voluti per
interagire con un’idea di suono che non c’è, ma inspiegabilmente si vede.
Il
suono si respira. David Adamo riesce infatti a render visibili sonorità
impensabili, creando con “le cose” uno stato di amabile levità. Di quiete e
movimento insieme.
Tutto esiste come se per caso fosse stato dimenticato: c’è
un bastone più esile che mai e ai suoi piedi ci sono i resti di un gesto
artistico che scava la materia fino a mostrarne l’essenza. La fragile identità
d’ogni cosa che tocchiamo e viviamo.
Adamo lascia pezzi di sé ovunque, come tracce di un
percorso creativo in cammino. In divenire, creativo. Basti pensare al piccolo
sgabello (davvero piccolo!) adagiato su una parete all’ingresso della galleria,
simbolo di un impegno professionale e al contempo reminiscenza di un passato,
l’infanzia, quando ovviamente il gioco costituisce la prima forma di creatività
(pensiamo all’insegnamento di
Munari).
Non c’è un senso unico all’interpretazione. Fatto sta che
le “cose seminate” hanno un effetto straniante straordinario. A tal proposito
si veda “
la scarpa”
(una classica “ballerina” identica a una vera calzatura, però costituita da una
colata di bronzo), lasciata in mezzo a una seconda stanza (così, per gioco)
dove i più inciampano.
È questo l’effetto cercato dall’artista: incuriosire.
Stupire con “cose” che quotidianamente passano inosservate. Tracce e ancora
tracce. Segni e microsegni, in una stimolante sinfonia di arte viva. Never Off!
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merita un'occhiatina quest'opera di Luca Francesconi di un paio d'anni fa http://www.undo.net/cgi-bin/undo/pressrelease/view.pl?img=1168352229b.jpg
La PRIMA cosa che ho pensato... sono sicuro che Luca Francesconi sarà divertito di avere dei cotali affezionati epigoni...
esperienza veramente stupenda.
lavoro completamente differente da quello dell'artista sopra citato, vedere per credere..