Fresco di riapertura, lo Spazio Contemporaneo
di corsetto Sant’Agata si trova a due passi dal cantiere della nuova
metropolitana di Brescia e si raggiunge solo dopo aver sceso una ripida
scalinata sulla quale campeggia il calligrafico
I’m not here che dà il titolo alla
mostra.
Un po’ come il più classico dei post-it, quel “
Torno
subito”
che
tutti, almeno una volta, si sono trovati davanti. Un miraggio sarcastico:
sembra una promessa, ma si rivela puntualmente una fregatura (e come non
pensare al
Maurizio Cattelan degli albori che, in occasione della mostra
presso la Galleria Neon di Bologna, affisse proprio questo messaggio alla porta
la sera dell’inaugurazione, per poi darsela a gambe?).
Se dal filone cattelaniano i due artisti hanno
ereditato l’umorismo spietato e la voglia di stuzzicare il pubblico,
capovolgendo qualche luogo comune, l’interesse per i nuovi
media artistici e
massmediatici, unito allo sfruttamento di opzioni al limite della legalità, è
al contrariotutta farina del loro sacco. Non a caso sono considerati
fra i precursori di quella corrente che oggi viene comunemente chiamata
artivista, ossia,
deducibilmente, a metà strada fra creazione artistica e azione sovversiva.
Gli attacchi del duo slittano su combinazioni
antagoniste di protagonisti, location e apparenti
nonsense e si scagliano
allo stesso modo contro colossi monolitici e sociali quali il Vaticano (
Vaticano.org, 1998), la Biennale
di Venezia (prima con il fantomatico artista serbo
Darko Maver, 1999, poi tramite l’attacco
hacker
Biennale.py, 2001) e Nike (
Nike Ground, 2003-04, ormai celebre campagna
pubblicitaria a sostegno d’una reinvenzione urbana del marchio sportivo).
Senza
mai peraltro disdegnare le incursioni subliminari fra gente comune e
inconsapevole (
United we stand, 2005-06, e
An Ordinary Building, 2006) e le battute
dimensioni virtuali di Second Life e Half-Life (
Avatar’s portraits, dal 2006;
Synthetic
Performances, a partire dal 2007;
Traveling by Telephone, 2008-09).
Nell’ultimo decennio dei Mattes abbiamo visto
che non contano distinzioni di sorta; conta solo plagiare, sovvertire e
smentire chi ancora persiste nella convinzione di un’arte musealizzata e fine a
se stessa, anche nella Rete. Degne di menzione le copie di siti dedicati alla
commercializzazione della Net Art quali la mostra
Surface promossa da Hell.com
e la galleria online Art.Teleportacia nel 1999.
Quanto vale il bagaglio storico dell’arte? Fin dove può spingersi
l’aurea di sacralità delle icone contemporanee? E cosa può definirsi oggi ‘arte’?
Eva e Franco Mattes rimettono in discussione proprio queste considerazioni: se
infatti reinscenare nel mondo sintetico di Second Life performance culto quali
Imponderabilia di
Marina Ambramovic e
Ulay o lo
Sparo di
Chis Burden equivale alla blasfemia per
i profani della Net Art, cosa potranno dire i burberi storici dell’arte a
proposito dei frammenti, gli
Stolen Pieces, sottratti (da opere di
Alberto
Burri,
César,
Andy Warhol e
Joseph Beuys, solo per citarne alcuni) nel
corso degli ultimi quindici anni ai più prestigiosi musei di mezzo mondo? E di
un Mickey Mouse suicida impiccato?