Sotto la patina di un concettuale ironico, i lavori di
Peter Fischli (Zurigo, 1952) e
David Weiss (Zurigo, 1946) celano una metodologia operativa complessa e una logica creativa disarmante. Creare è ordinare, studiare il giusto equilibrio di pesi e forze, sfidando il collasso. E l’impressione è quella di uno sguardo vergine sulle cose, capace di declinare fenomenologicamente la banalità attraverso un’infinità di mezzi di rappresentazione.
Con la mostra Altri fiori e altre domande della Fondazione Nicola Trussardi, gli interni secenteschi di Palazzo Litta, percorsi da una leggera
débauche, dischiudono per la prima volta il loro ventre all’arte contemporanea. Il lusso barocco del piano nobile stride sottilmente con la contemporaneità, producendo una percettibile fibrillazione. Sembra esserci però una comunanza d’intenti fra il tempo che si annida negli ambienti e il disincanto programmato dei lavori di Fischli e Weiss.
La prima sala, ingresso e transizione, è occupata dalla serie fotografica
Airports, in progress e
ongoing dal 1987, e da una piccola
Hostess in gesso: il primo invito al passaggio. Nella seconda sala, l’insipienza degli oggetti quotidiani si altera nelle
Sculture nere (1986-1988) monocrome: un disco, una candela, un portaposate accedono a una seconda vita inquietante in gomma nera.
Poi le immagini in movimento:
Fiori (1997-1998), 162 diapositive in dissolvenza che ritraggono in piano ravvicinato fiori e forme vegetali, plasma una lenta psichedelica. E nell’ambiente attiguo, l’asfittico senso di vertigine del
Kanalvideo (1992), che percorre i condotti delle fognature di Zurigo.
L’installazione ipnotica
Domande (1980-2003) fa sorgere sul broccato porpora della sesta sala stringhe di questioni beffardamente esistenzialiste, talmente innocue da essere infingarde. “
La felicità riuscirà a trovarci?” E se fosse meglio non chiederselo?
A seguire, il manifesto “teorico” di Fischli e Weiss: il film in 16 mm
The way things go (1986-1987). Con un approccio sperimentale parascientifico, gli artisti compongono
chain reaction machines: bottiglie, copertoni, schiume e acqua. La reazione si perpetua grazie ai disequilibri, a reazioni chimiche fatte in casa, a resistenze e opposizioni meccaniche. Comporre e attendere: basta dare l’input. Per mettere alla prova le astuzie della materia e l’autonomia degli oggetti.
La zattera (1982), primo lavoro collettivo in poliuretano del duo svizzero, apre una scena enigmatica di anfibi in emersione. Mentre una scrofa dall’aria sacrale allatta, chiusa in un sontuoso angolo del palazzo. Anteprima italiana per l’enorme lavoro
Suddenly this Overview (1981), una riscrittura della storia per momenti minori, attraverso figure in terracotta modellata a mano. I piccoli eventi inavvertiti e le situazioni periferiche della storiografia pop minano l’ufficialità della Grande storia. Chiude il viaggio paradossale nell’universo Fischli & Weiss l’installazione di una
Radio (2008) “retroattiva”, sintonizzata con perenne ritardo sui programmi del mese prima.
L’illusione accattivante di un disimpegno critico e di un’esperienza artistica semplicemente ludica è destinata a smentirsi presto. La concettualità di Fischli & Weiss “gioca” sullo spaesamento e sull’inquietante indistinzione di realtà e finzione.