Dispersioni a raggiera o a
ventaglio, spesso informi e irregolari, riportano in vita una lunga antologia
di racconti. Nel cono d’ombra del loro lato oscuro, volti diafani e sguardi
precisi diventano ricordi di corpi erranti. L’autrice di queste finestre spalancate
sulla raffigurazione, Emilia Faro (Catania, 1976), s’è data cura di restituire presenze
dalla forma d’uomo, tracce che emergono dai disegni come anime vaghe di un
interregno laico.
Già a partire dai pochi lavori
esposti, la lanterna magica di tante storie s’accende per illuminare qualsiasi
sguardo incontri.
forme, figure e contorni diversi, continuamente sfuggenti e resi labili dalla
loro stessa fragilità. È fra queste difformità che si inserisce l’intervento
educato, composto e fin troppo preciso dell’artista.
Con pennellate agili, la pittrice
delinea i connotati delle sagome che intende ritrarre, districandone le masse
volubili e realistiche attraverso la trasparenza delle sue scelte praticamente
monocrome. Le macchie, volute in qualità di segni premonitori, emergono rapide
per poi immergersi con la stessa velocità nel fondo del foglio. Sbavature,
sfumature e colature organizzano gli aloni come corpi e volti di comparse,
parti di una più ampia scenografia di teatro. Copioni di un disegno estetico,
capitoli microscopici che distribuiscono a ogni composizione una carica
drammatica che si concretizza nell’alternanza chiaroscurale di luci, volumi e
superfici.
Per Faro delicatezza vuol dire
intensità. Minimalismo significa precisione. E armonia significa precisione. “Associo
l’idea della bellezza femminile”, sostiene l’artista, “a quella della sofferenza. Le
sfumature create dall’acqua diventano così sfumature psicologiche. Mi interessa
riprodurre l’effetto dei ‘moti dell’animo’ sui tratti del volto. I miei volti
non vengono dall’inconscio ma solo dall’informazione visiva, e sono più
istintivi che interiori, checché se ne possa dire”.
Un interesse che dunque si rivolge
alla reazione, all’impatto psicologico sullo spettatore: “Quando le mie
opere vengono esposte al pubblico, è allora che le sento ‘complete’. I miei
bambini hanno i lineamenti infantili ma il loro sguardo è intenso, adulto. Le
scene che ritraggo traggono spunto da vecchi album fotografici della mia
famiglia, sono scene nelle quali ognuno di noi è capace di riconoscersi, le
feste di Carnevale, le foto di classe a scuola…”, prosegue l’artista. “Vi trovo molta poesia, il
senso del tempo che passa e il sapore intenso dell’infanzia… Trovo che tutto
ciò non si possa esprimere con le parole ma solo col ritratto, e chi lo osserva
lo paragona al proprio fino a modificarsi, e sdoppiarsi…”.
In
mostra in Umbria
ginevra bria
mostra visitata il 20 giugno 2010
dal 25 maggio al 16 luglio 2010
Emilia
Faro
Ermanno Tedeschi
Gallery
Via Santa
Marta, 15 (zona via Torino) – 20123 Milano
Orario: da
martedì a venerdì ore 11-13 e 15-19; sabato e domenica su appuntamento
Ingresso
libero
Info: tel./fax
+39 0287396855; info.mi@etgallery.it; www.etgallery.it
[exibart]
La capitale coreana si prepara alla quinta edizione della Seoul Biennale of Architecture and Urbanism. In che modo questa manifestazione…
Giulia Cavaliere ricostruisce la storia di Francesca Alinovi attraverso un breve viaggio che parte e finisce nella sua abitazione bolognese,…
Due "scugnizzi" si imbarcano per l'America per sfuggire alla povertà. La recensione del nuovo (e particolarmente riuscito) film di Salvatores,…
Il collezionista Francesco Galvagno ci racconta come nasce e si sviluppa una raccolta d’arte, a margine di un’ampia mostra di…
La Galleria Alberta Pane, 193 Gallery, Spazio Penini e Galleria 10 & zero uno sono quattro delle voci che animano…
Si intitola “Lee and LEE” e avrà luogo a gennaio in New Bond Street, negli spazi londinesi della casa d’aste.…