L’installazione al neon che sormonta il Chiostro della Gardenia del Palazzo delle Stelline riprende l’affascinante pianta stellare dell’utopica città di Sforzinda, progettata da
Filarete durante il Rinascimento. Utopia per chi la scopre oggi e, a posteriori, osserva che in cinque secoli non fu mai realizzata; modello illuminato di pianificazione urbana e territoriale per gli architetti coevi e non che a essa si ispirarono. Viene di qui Palmanova, la città famosa per la sua forma a stella. Di qui l’intuizione di dotare le città -in primis Venezia, ma non scordiamo Milano- di canali per il trasporto delle merci. Filarete aveva illustrato in un trattato l’organizzazione della città, pensando agli edifici, ai mercati, agli altri spazi pubblici, descrivendo persino alcuni monumenti.
Massimo Uberti (Brescia, 1966) non lo fa, lascia sfogo alla vena progettuale, lascia a ognuno la libertà di creare una città che risponda ai propri bisogni. La città ideale rinascimentale doveva sorgere in un luogo anch’esso ideale, attraversato da un corso d’acqua e riparato dai venti. La pianta dell’artista della luce si solleva in aria, scrollandosi di dosso vincoli terreni. Sarebbe facile costruire una città perfetta partendo da un territorio vuoto e accogliente insieme.
Questo sì che è impossibile oggi: radere al suolo i monumenti e ricominciare da capo. Uberti non lo chiede, ma lascia che la perfezione sia ispirazione dall’alto, illumini i progetti dell’oggi e del domani; chiede che l’arte rinascimentale non sia calpestata, che non si spenga per gli occhi di cittadini italiani a essa troppo avvezzi, ma nemmeno che si imponga frontalmente come una barriera alla creatività.
Un indizio tuttavia rimane: il verde brillante del prato sottostante l’installazione luminosa, dominato al centro da un’imponete magnolia, naturale raccordo fra cielo e terra. Il bisogno della natura, dei suoi colori, non lo si può negare.
Colgono il suggerimento i disegni degli allievi delle scuole milanesi esposti su un
Wall of Dreams, complemento e risposta alla mostra. La creatività dei più giovani cambia aspetto alla città normale e ai suoi monumenti, ma va oltre, inventando per il luogo in cui vivere anche nomi nuovi, sintesi di fantasia, desideri e consapevolezza ambientale. Sorgono arcate-arcobaleno e grattacieli fusillo; la pianta urbana si trasforma in una nave dei desideri; si chiedono case non grigie ma di mille colori; per la pace non basta l’arco milanese ideato da
Cagnola, serve un parco intero; contro lo smog si sollecita l’uso di auto elettriche, ma che siano colorate.
La parola non spetta solo ai ragazzi: in questa mostra un po’ scarna, assume valore la continuazione che lo spettatore vorrà darle, descrivendo su una cartolina disponibile in loco o su internet la propria città ideale. Massimo Uberti, insieme alla Fondazione Stelline e Genworth Finanancial, ci mette di fronte a un’urgenza: essere cittadini attivi e ricordarci di cultura, arte e bellezza nel pensare e comunicare le nostre proposte.