La
Natività di
Lorenzo Lotto (Venezia, 1480 – Loreto, Ancona, 1556), proposta
quest’anno al Museo Diocesano per il ciclo
Un Capolavoro per Milano, proviene dalla Pinacoteca Tosio Martinengo di
Brescia e risale al 1530.
Dopo
una serie di peregrinazioni fra l’entroterra veneto e le Marche, una sfortunata
trasferta romana e un soggiorno di svariati anni a Bergamo, dove raggiunge una
straordinaria maturità espressiva, nel 1525 Lorenzo Lotto fa ritorno a Venezia,
dove rimane fino al 1533. Nella sua città natale il successo non gli arride, e
tuttavia riesce a lavorare per una committenza di carattere privato. La
Natività appartiene a questo periodo ed è stata realizzata
proprio per conto di privati.
L’opera
presenta sulla destra San Giuseppe e la Vergine, al centro Gesù bambino, perno
e centro focale attorno al quale si dispiega la composizione, e a sinistra un
agnello, i due committenti raffigurati nelle vesti di pastori, con – alle loro
spalle – due angeli, mentre su un piano ancora più arretrato vi sono al centro
il bue e sulla sinistra l’asino.
Il
tono è caldo, intimo e colloquiale. Umano e divino si fondono e s’incontrano
negli atteggiamenti dei personaggi, a partire dallo sguardo dell’angelo – che
si rivolge in maniera diretta verso lo spettatore, determinandone un coinvolgimento
emotivo -, dalle mani degli stessi angeli che si posano affettuose sulle spalle
dei pastori, dalla freschezza dell’atteggiamento del bambino intento a giocare
con l’agnello – che prelude al suo destino di sacrificio -,
dalla tenerezza
materna di Maria che volge lo sguardo verso il bambino con le mani giunte in
segno di adorazione.
La
presenza di un fondo scuro e il ruolo determinante della luce rinvia ai
contatti di Lorenzo Lotto con esponenti della cultura pittorica bresciana e
bergamasca, come
Savoldo e
Romanino, attenti al dato reale e alle sperimentazioni
luministiche.
I
colori acidi e le accensioni cromatiche rinviano ad altre opere del medesimo
periodo, come la celebre
Annunciazione di Recanati, soprattutto nella veste di San Giuseppe, nella coperta su
cui è posto il Bambino e nel velo della Madonna. Saranno proprio queste cromie,
in contrasto con la pittura tonale, divenuta ormai cifra stilistica dominante,
a determinare l’insuccesso dell’artista in laguna. Lotto tornerà a più riprese
a Venezia, ma senza mai riuscire a radicarsi in maniera definitiva. Finirà i
suoi giorni inquieto e tormentato, presso il Santuario di Loreto, nelle Marche.
Spiace
constatare come il grande pittore, non molto fortunato in vita, sia stato un
poco bistrattato anche dall’allestimento del museo, nonostante la presenza di
un catalogo e di un video realizzati
ad hoc. Se il significato di queste iniziative è quello
di isolare la singola opera per esaltarla ed enfatizzarne le caratteristiche,
risulta un controsenso il fatto che il quadro si trovi in mezzo alla sezione
dell’arredo liturgico, preceduto da tre schermi al plasma che proiettano il
video esplicativo della vicenda compositiva dell’opera, ma disseminati in una sezione
sostanzialmente estranea.
Gli
anni precedenti, soprattutto con
Caravaggio e
Antonello da Messina, hanno visto allestimenti più curati e capaci di
valorizzare le opere in maniera ben più efficace.