Lui e lei. Lontani, assoluti, eterei. Camminano l’uno verso l’altra, lentamente, contro il gelo e il vento di una distesa infinita di bianco. Due strade lontane, due esseri disincarnati, che piano si avvicinano fino ad incontrarsi. L’inquadratura ha mostrato un grosso iceberg assolato, poi due corpi lontani, poi lui e lei. Vicini, ora, sempre più vicini. E quando si raggiungono intrecciano un lungo rapporto di sguardo e di fiato, l’uno nell’altra. Fino a dissolversi, lasciando solo la sensazione di un amplesso che non è riuscito a consumarsi, che si è spento dopo una lunga agonia. Questo racconta Giovanni Kronenberg (Milano, 1974) nel suo nuovo lavoro di animazione in 3D (Meravigliato da ciò che vive oltre cent’anni, 2006-07). Si tratta di un triplice progetto che si snoda lungo il doppio filo rosso dell’amore e della natura. Un video, un’installazione, due disegni a grafite. Il primo mette in scena il sospirato incontro ghiacciato di due essenze che hanno sete l’una dell’altra, ricreando perfettamente le immagini di due persone in un’atmosfera surreale, con il sottofondo sonoro di un continuo sibilo ghiacciati, di una bufera. Il colore predominante è il bianco, e quelli vividi dei due corpi non bastano a scaldare l’ambiente. Come un triste cartone animato per adulti, con il finale aperto all’immaginazione.
La scultura (La leggerezza dell’arrossire, 2002-07) è un bonsai inciso, una piccola riproduzione di quelle piante che raccontano una storia, che sulla propria corteccia hanno visto passare le dita di due innamorati. L’amore e la natura si intrecciano ancora una volta, in un altro lavoro di ispirazione sottilmente psicologica. L’artista ha posto infatti al centro dello spazio espositivo questo essere naturale, a ricordare il tema classico della scritta amorosa sulla corteccia degli alberi, e contemporaneamente a ricreare il senso di un elemento vivo, indifeso, da proteggere. Come nel video, quasi una sublimazione malinconica del rapporto erotico, e una misteriosa forma di spiritualità.
I disegni infine, due lavori a grafite su carta del 2006, riprendono il tema naturale della valanga di ghiaccio, diventando quasi astratti nelle loro forme morbide a tratteggi di matita. Con un’indiscussa capacità tecnica, l’artista milanese parte dallo spunto di fotografie di valanghe per evocare grosse masse di neve in realtà non contestualizzate, eteree, ombreggiate e illuminate come nella più classica tradizione del lavoro a grafite. E ancora ricrea le forme della natura, i movimenti della terra, il freddo di un incontro. Passando dalla tecnologia informatica al più atavico degli elementi naturali, Kronenberg mantiene un unico filo rosso imperturbabile: quello della natura. Dell’uomo, del mondo, dell’amore.
barbara meneghel
mostra visitata il 10 febbraio 2007
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.. come cavalcare ingenuamente l'andazzo second life!
Mi aspetto di più dall'arte contemporanea.