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Fino al 17.IX.2016 | Odili Donald Odita, The differend | M77, Milano

di - 30 Agosto 2016
Un motivo per andare fino alla galleria Mecenate 77, uno spazio di mille metri quadrati, inaugurato nel maggio del 2014, davanti alle ex Officine del Volo a Milano, sito di archeologia industriale e dove sorgerà la futura città della moda c’è: è il grande e ipnotico wall-painting di Odili Donald Odita (Enugu, Nigeria 1966), pittore astratto-geometrico che vive tra Philadelphia e New York,  dai colori sgargianti, tipo Ziggy Stardust per intenderci, dedicato a David Bowie e a Price, scomparsi di recente, che ha fatto del colore un codice compositivo, una ricerca simbolica e un messaggio sociale glocale. L’artista nigeriano è noto per opere site-specific di grandi dimensioni che piacerebbero anche a Sol LeWitt e David Tremlett e,passando alla moda, alla maison Missoni: infatti attraverso il linguaggio emozionale e simbolico dei colori, elabora i codici della sua identità culturale africana, con l’obiettivo di visualizzare un metaforico messaggio sociale senza fare politica.
Odita debutta a Milano con una mostra personale dal titolo “The differend”, ispirato all’omonimo libro, pubblicato nel 1988, del filosofo Jean-Francois Lyotard (1924-1998), partendo dalla riflessione del termine francese che significa dissidio, disaccordo e comprende una pluralità di significati, ovvero un relativismo semiotico che può essere visualizzato con il linguaggio non verbale ma pittorico. Nell’algida galleria milanese sono esposte su due piani dodici opere di diverse dimensioni, occhio ai titoli mai casuali, in cui l’obiettivo è di portare il vostro sguardo a percepire prospettive multiple sorprendenti d’effetto tridimensionale, con forme geometriche a incastro tra linee orizzontali e verticali: tutte soluzioni formali giocate sulla contrapposizione di colori contrastanti dall’energia vibrante.
Sono una chicca per cultori di raffinatezza compositiva anche un corpus di opere a tecnica mista realizzate dall’autore dal 2004 al 2014, in cui il colore e la forma astratta-geometrica coniuga l’identità africana con la cultura occidentale. Odita adotta il pattern come metaforica rappresentazione della complessità del mondo senza descriverlo, dove connessioni, innesti dalle campiture piatte, angoli di colore, vettori che si espandono e si ripetono sulla tela, sembrano seguire un ritmo ancestrale immaginario.
La metafora del colore per Odita si fa texture di visioni e prospettive multiple destinate a mutare il nostro punto di vista. L’autore che ha già collezionato importanti mostre in spazi museali istituzionali e ha partecipato alla 52°Biennale di Venezia, a cura di Robert Storr, che tra le altre importanti committenze, vanta un affresco dipinto nella sede dell’Onu a New York, è contemporaneo perché supera l’impersonalità minimalista con opere dalle profondità e volumi inattesi, adatti per una trasposizione 3D, da scoprire dal vero più che da raccontare. Affascina la sua rigorosa geometria delle forme che comprende un processo elaborativo d’investigazione intorno alla complessità del reale, aprendo riflessioni sulla funzione dell’arte, in cui il colore rende visibili ambivalenze culturali, attribuendo al campionario cromatico dalle tonalità vivaci la stessa molteplicità di significati che Lyotard assegnava alle parole.
Jacqueline Ceresoli
mostra visitata il 31 maggio

Dal 31 maggio al 17 settembre 2016
Odili Donald Odita, The differend
M77 – via Mecenate 77, Milano
Orari: dal martedì al sabato dalle 11:00 alle 19:00
Info: info@m77gallery.com, www.m77gallery.com

Jacqueline Ceresoli (1965) storica e critica dell’arte con specializzazione in Archeologia Industriale. Docente universitaria, curatrice di mostre indipendente.

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