Il Fondo Ambiente Italiano apre il suo progetto triennale sulla storia del collezionismo con l’esposizione della raccolta donata recentemente da Claudia Gian Ferrari, storica dell’arte, collezionista e gallerista. Quarantaquattro opere che in futuro verranno esposte permanentemente nella Casa Necchi Campiglio di Milano.
Il primo nucleo fu raccolto da Ettore Gian Ferrari, gallerista e mecenate culturale nella Milano degli anni Trenta. La figlia Claudia ha ampliato negli anni la collezione, che si concentra prevalentemente sul ventennio 1920-1940 ed è composta quasi esclusivamente da veri capolavori. Tutto il periodo del ritorno all’ordine è ottimamente rappresentato, in un’autorevole ricognizione dei maestri italiani della prima metà del Novecento, che mostra in tutta la sua evidenzia l’autonomia e la grandezza dell’arte italiana di quel periodo.
Aprono cronologicamente la mostra due opere “fuori periodo”: due studi su carta di Giacomo Balla e Umberto Boccioni. Giorgio de Chirico è rappresentato con due lavori pre-metafisici, fra cui l’eccezionalmente vivo ritratto di Alfredo Casella. È affidata invece a Alberto Savinio la metafisica pura, nella sua deriva verso il surrealismo, con Idillio marino, del 1931.
Le nature morte di Filippo De Pisis dialogano con quelle più moderne di Giorgio Morandi; di quest’ultimo sono esposte due opere straordinarie del 1937 e del 1938, grazie alle quali si può notare la rapida evoluzione verso una pittura più analitica nel volgere di un solo anno. Opera centrale della mostra per la sua maestosità è l’imponente La famiglia del pastore di Mario Sironi, rappresentato anche nelle sue espressioni futuriste e con i disegni preparatori per le “grandi opere”.
Di straordinario impatto la selezione di sculture: Il puro folle di Adolfo Wildt accanto a due piccoli, elegantissimi Marini, fino alla sala di Arturo Martini, dominata da un’aura mistica. Spicca qui L’amante morta, recuperata nella sua policromicità; solo il primo mese della mostra consentirà di visitare la sala martiniana, le cui opere saranno poi inviate a Milano per la grande retrospettiva al Palazzo delle Stelline.
Altra opera di spicco è Naturisti di Piero Marussig (1913): due adolescenti nudi in un bosco, tanto classicheggianti quanto premonitori delle espressioni più moderne. La collezione si spinge poi fino al 1947, anno d’esecuzione di una natura morta a collage di Fausto Pirandello, in una scomposizione che associa l’estetica delle avanguardie storiche con le neoavanguardie di là da venire.
L’allestimento sobrio ed efficace e l’accostamento fra due collezioni diverse e complementari –quella della Gian Ferrari e quella del conte Panza, in esposizione permanente- fanno di Villa Panza una delle tappe obbligate di questo autunno per gli appassionati d’arte. Per godere di uno degli aspetti più benemeriti del collezionismo: la trasformazione del patrimonio privato in bene collettivo.
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