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07
aprile 2010
fino al 18.IV.2010 Irene Kung Milano, Spazio Forma
milano
Ponti, cattedrali, grattacieli sospesi nel vuoto. Nel silenzio, superbe opere architettoniche rese assolute, solitarie. E gli abitanti e i visitatori sono cancellati allo sguardo, allo scatto fotografico...
Non c’è più nessuno.
In molti romanzi e racconti di fantascienza s’immaginano mondi deserti dove
l’umanità si è annullata da sé, svanita magari sulla scia di quell’orgoglio
folle d’aver trovato il veleno che, uccidendo la vita, lasciava però intatti
gli edifici, case e cose. Restavano quindi, nell’assenza di voci e passi, le
tracce di quanto gli uomini avevano saputo creare e ormai più nessuno avrebbe
potuto osservare.
Perdute quindi
definitivamente allo sguardo anche quelle opere geniali, di superba bellezza,
come palazzi, cattedrali, teatri? Ecco: Irene Kung (Berna, 1958; vive
a Roma) sembra voler testimoniare, con ammirazione sconfinata, una sorta di
stupore incantato, alcuni di questi preziosi segni della storia, ultime visioni
di un’umanità perduta, immagini nitide e oniriche a un tempo, buio intorno e
silenzio siderale.
Simmetrie e intrecci
di linee, nitore di segmenti e sfumature di pietra, verticalità vertiginose e
dolcezza di curve: davvero magnifiche per coraggio architettonico, arditezza
d’equilibri, commoventi ritmi spaziali, materiali dalle diverse ombre di colore
le opere prescelte, e di magico rigore il lavoro di Kung, che svela e nasconde,
mettendo in rilevo particolari, fermando il tempo. Perché si possono osservare
anche elementi abitualmente non percepibili alla vista, ma in una sorte di
notte eterna. Pausa, immobilità, quiete assoluta.
Tetti ricurvi a
Roma, più severo e stabile il Pantheon, con il desiderio del volo, ansia di
leggerezza l’Auditorium. Fili intrecciati, ombre nere, soglia di mattoni come
per un’antica dimora, tensioni di ragnatele per il Brooklyn Bridge, bianchi
tubi ferrosi sospesi nell’aria per il Millennium Bridge. New York e Londra. Ma
anche Parigi e Milano, Torino e Pesaro.
Circa venticinque le
opere esposte. Poste vicine, a sottolineare una speciale tensione verso l’alto,
l’Empire State Building e la Mole Antonelliana: davanti a queste immagini ci si
confronta con i propri incontri/ricordi e con l’immaginario collettivo che vive
dentro ciascuno, foto, film, documentari. Così per Milano, il Duomo, la
Stazione Centrale, la Scala, la Galleria Vittorio Emanuele: speciali simmetrie,
precisione di linee, esatta la luce nell’evidenziare materiali e forme.
Di raffinata
eleganza il liberty di Casina Ruggeri. Con una nuvoletta a lato, speciale
rarità, a evocare natura e movimento possibili, ricordo perduto, lo scatto
dedicato al NY New Museum, come scatole sovrapposte di latta forata, una strana
impressione di stabile disequilibrio, perfetto ossimoro per l’arte
contemporanea.
In molti romanzi e racconti di fantascienza s’immaginano mondi deserti dove
l’umanità si è annullata da sé, svanita magari sulla scia di quell’orgoglio
folle d’aver trovato il veleno che, uccidendo la vita, lasciava però intatti
gli edifici, case e cose. Restavano quindi, nell’assenza di voci e passi, le
tracce di quanto gli uomini avevano saputo creare e ormai più nessuno avrebbe
potuto osservare.
Perdute quindi
definitivamente allo sguardo anche quelle opere geniali, di superba bellezza,
come palazzi, cattedrali, teatri? Ecco: Irene Kung (Berna, 1958; vive
a Roma) sembra voler testimoniare, con ammirazione sconfinata, una sorta di
stupore incantato, alcuni di questi preziosi segni della storia, ultime visioni
di un’umanità perduta, immagini nitide e oniriche a un tempo, buio intorno e
silenzio siderale.
Simmetrie e intrecci
di linee, nitore di segmenti e sfumature di pietra, verticalità vertiginose e
dolcezza di curve: davvero magnifiche per coraggio architettonico, arditezza
d’equilibri, commoventi ritmi spaziali, materiali dalle diverse ombre di colore
le opere prescelte, e di magico rigore il lavoro di Kung, che svela e nasconde,
mettendo in rilevo particolari, fermando il tempo. Perché si possono osservare
anche elementi abitualmente non percepibili alla vista, ma in una sorte di
notte eterna. Pausa, immobilità, quiete assoluta.
Tetti ricurvi a
Roma, più severo e stabile il Pantheon, con il desiderio del volo, ansia di
leggerezza l’Auditorium. Fili intrecciati, ombre nere, soglia di mattoni come
per un’antica dimora, tensioni di ragnatele per il Brooklyn Bridge, bianchi
tubi ferrosi sospesi nell’aria per il Millennium Bridge. New York e Londra. Ma
anche Parigi e Milano, Torino e Pesaro.
Circa venticinque le
opere esposte. Poste vicine, a sottolineare una speciale tensione verso l’alto,
l’Empire State Building e la Mole Antonelliana: davanti a queste immagini ci si
confronta con i propri incontri/ricordi e con l’immaginario collettivo che vive
dentro ciascuno, foto, film, documentari. Così per Milano, il Duomo, la
Stazione Centrale, la Scala, la Galleria Vittorio Emanuele: speciali simmetrie,
precisione di linee, esatta la luce nell’evidenziare materiali e forme.
Di raffinata
eleganza il liberty di Casina Ruggeri. Con una nuvoletta a lato, speciale
rarità, a evocare natura e movimento possibili, ricordo perduto, lo scatto
dedicato al NY New Museum, come scatole sovrapposte di latta forata, una strana
impressione di stabile disequilibrio, perfetto ossimoro per l’arte
contemporanea.
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dall’undici marzo al 18 aprile 2010
Irene Kung –
Oltre il reale
Spazio Forma – Centro Internazionale di Fotografia
Piazza Tito Lucrezio Caro, 1 (zona Bocconi) – 20136 Milano
Orari: da martedì a domenica ore 10-20; giovedì e venerdì ore 10-22
Ingresso: intero € 7,50; ridotto € 6
Catalogo Contrasto
Info: tel. +39 0258118067; info@formafoto.it;
www.formafoto.it
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