Il terzo figlio del matrimonio tra la Triennale di Milano e il Vitra Design Museum di Weil am Rhein è un’altra mostra antologica, agiografica, dedicata ad un maestro del design. Dopo i coniugi Eames, e Gaetano Pesce, ecco il Joe Colombo. La coproduzione garantirà anche un bel tour che toccherà altre città tra cui Londra e Berlino. Il filo conduttore di queste tre mostre è la particolare visione curatoriale, che si propone di accendere le luci non solo su un progettista ma anche su un periodo storico.
Questa volta con Joe Colombo i riflettori sono puntati sui dinamici anni Sessanta. La figura del progettista milanese dall’esotico nome (Cesare all’anagrafe) si offre a molteplici sfide allestitive, curatoriali e didattiche.
La mostra è divisa in quattro sezioni tematiche e cronologiche. La prima è rappresentata dalle prime creazioni artistiche e architettoniche, accompagnate da un excursus biografico raccontato attraverso un’ampia collezione di oggetti personali e opere grafiche inedite. La seconda sezione comprende le prime creazioni di design tra cui alcuni capolavori come la poltrona Elda, la sedia Universale, alcune lampade e vari arredi.
La terza sezione illustra invece la svolta di Colombo verso una concezione modulare e flessibile dei sistemi abitativi visibile nel contenitore Combi Center, nel sistema programmabile e in molte altre creazioni. Infine, una sezione è dedicata alle ultime opere, principalmente finalizzate alla progettazione di unità abitative multifunzionali e di interi ambienti come Visiona 1 (1969), la Total Furnishing Unit (1971) e il suo appartamento del 1968. Oltre all’arredo originale della sua casa, la mostra ospita una parziale ricostruzione di Visiona 1 corredata da un video che illustra questo spettacolare interno.
Il destino ha costretto Colombo a fare tutto di corsa, o meglio, sembra quasi, osservando il suo percorso, che quasi sapesse che allo scoccare del quarantunesimo compleanno se ne sarebbe andato con la pipa in bocca.
Colombo comincia presto a respirare la creatività. Studia a Brera ed entra a far parte del Movimento di pittura nucleare con Enrico Baj. Poi si converte alla cultura del progetto e l’amore per il modulare, la ricerca dei materiali e sulle forme lo portano ad intraprendere la strada del disegno industriale. Ceramista e anche architetto (è suo l’edificio in via Rosolino Pilo a Milano).
Bruno Munari lo invita a far pare del Movimento Arte Concreto, altro incubatore di artisti che scopriranno sempre in quel periodo la vocazione per il design come lo stesso Munari e il critico Dorfles. Jazzista incallito, Joe Colombo batterista-designer schizza il bicchiere più cool mai disegnato, il mitico Smoke. Curva amata, per certo di donna, che ritorna nella lampada da tavolo disegnata per Kartell.
Joe era un euforico, un grande comunicatore che fece della sua faccia barbuta e della pipa in mano un marchio, il brand di sé stesso. Forse dandy ma senza l’ossessione dello stile, Colombo pose l’accento sull’utilizzatore compiendo ricerche sui comportamenti ben prima che divenisse prassi. I dettagli tecnologici si sposano con l’aspetto artistico, quasi un futurismo razionale: l’impiantistica, la struttura dell’oggetto diventano espressione.
Joe Colombo: Inventing the future ha il pregio della contestualizzazione che evidenzia le differenze coi colleghi coetanei. Un’esposizione caparbia che prova a compiere un passo avanti nello studio di un progettista che Ignazia Favata, curatrice della mostra insieme a Mateo Kries, e assistente di Colombo, sintetizza così: ieri uomo del futuro, oggi uomo del presente.
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mostra visitata il 16 settembre 2005
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Riguardando l'articolo provo sempre più il desiderio di vedere la mostra di Joe Colombo.
Mi piace il suo stile.
Belli i disegni di Joe Colombo, un onore per il mondo del design, una mano felice e un talento che ci dona lezioni di stile.
Doverosa una mostra che onora il percorso del designer-jazzista.
Maria Pezzica