A muovere la ricerca artistica di
Antonio Biasiucci (Dragoni, 1961; vive a Napoli) è da tempo l’interesse antropologico nei confronti del mondo contadino campano e dell’immaginario popolare mediterraneo, evocato attraverso comportamenti, oggetti, gesti, ritualità e icone.
L’indagine sugli
Ex voto non si attua solo da un punto di vista formale, mediante una costante attenzione verso il dato luministico, ma anche a partire da una dimensione più spiccatamente filologica, che indaga il significato profondo dei concetti di vita-morte e delle iconografie più diffuse di doni votivi. Così l’artista ferma nel tempo immagini di madonne, bambini, statuette lignee, ripercorrendone la storia a ritroso, cercando le somiglianze che rendono ognuna di esse immortale. I particolari sono quasi sempre decontestualizzati, come la mano di un bambino fotografata al contrario, con esplicito intento plastico, per ottenere l’effetto a rilievo, ma al tempo stesso continuano a rimanere legate al rispettivo contesto e all’evento infausto che li giustifica. Gli ex voto, infatti, fin dall’antichità, rimandano a un evento concreto sempre negativo e la loro iconografia aiuta a comprendere le ragioni che stanno dietro all’esplicita richiesta di aiuto.
Le suggestioni suscitate da queste storie e immagini lontane, pazienti, si accompagnano a quelle del passato artistico di Biasiucci, con le quali, da un punto di vista tematico, continuano a rimanere in forte continuità. Troviamo così teschi fotografati come se fossero pani o genitali di vacche, che alludono a una profonda riflessione sulla morte. La giustificazione antropologica va dunque di pari passo con l’analisi meramente tecnica sui materiali e i contrasti di luce e ombra, ricerca simboli e verità profonde da sempre sedimentati nella nostra cultura. Il forte contrasto di bianchi e neri scelto per gli scatti acquista in questa luce una duplice valenza e lo stesso può dirsi per la rilettura che l’artista compie sull’ambiguo significato di sacro: cogliendone le diverse manifestazioni nella ritualità contemporanea, ne mostra l’ambivalenza primigenia, che intende
sacer come sacro e insieme il suo contrario.
In un’epoca che predilige l’immagine veloce e fluida, Biasiucci sembra scegliere quella apparentemente statica e lontana nel tempo, che sa essere virtuale nel suo rimando ad altre realtà
ab originis, forse più autentiche, ma non del tutto polverizzate nel nostro contemporaneo.