Nafas in sanscrito ha lo stesso significato della parola greca
pneuma, respiro, trasformazione, slancio vitale e anima, a seconda delle espressioni e dei contesti in cui viene usata. Sebbene dunque, già a partire dal titolo, ricercato e sacerdotale, questa collettiva preannunci i propri intenti, resta da ritrovare, anche a completamento del percorso espositivo, un buon collante estetico che superi il fine della mostra stessa. E cioè la vendita di nomi, più che di opere, appartenenti ad autori importanti.
Ecco dunque far la sua comparsa lo sfondo ameno di
Damien Hirst, che rilancia per l’ennesima volta il tema della nascita della morte attraverso
Towards the end of the day, realizzato con farfalle incollate su una tela dipinta con comune vernice celeste. Le larve, creature della trasformazione per eccellenza, introducono anche
Verso la fine del mondo, opera piacevole seppur già vista più volte.
Un interesse quasi intatto, invece, è suscitato dalle muse reiette e torbide figurate dall’artista-antropologa
Wangechi Mutu in
The Bourgeois is Banging on My Head. Le sue donne si muovono fra la critica sociale, che spazia dal ruolo femminile nella società agli orrori della chirurgia estetica e ai massacri della guerra, e la creazione di nuovi Frankenstein. Un vero inferno di simboli, cliché e rappresentazioni. L’uso del collage e di diversi materiali, dai ritagli di giornale alle paillette, capovolgono l’idea di natura femminile, che ritrae in maniera a volte quasi documentale immagini di donne mutilate, maltrattate e sopravvissute alle atrocità dell’esistenza.
Un’altra prova di rinascita è quella offerta da
Marc Quinn, artista noto specie per
Sky, ritratto di suo figlio composto da residui di placenta e cordone ombelicale. Con
Tropical ozone, la tematica del respiro si confonde con quella eco-sostenibile del pianeta che ritrova, nei colori accesissimi delle sue composizioni a olio, una realtà organica predeterminata. Atmosfera volutamente repressa da Quinn, per mettere in risalto l’analisi formale, che risulta essere di tipo viscerale, perché diretta senza scampo sulla natura già morta.
Anselm Reyle presenta
Untitled, opera stridente e minimale che ritrae la stasi della materia metallica, accartocciata senza respiro su se stessa.
Infine, dalle icone pop composte da
Andy Warhol prendono vita i lavori della serie
Self portrait of you+me di
Douglas Gordon. Tele bruciate, corrose, da cui traspaiono i noti volti ritratti dal padre della Pop Art americana: Elvis, Jackie Kennedy, Mao e Marilyn Monroe. Una citazione specchiata, all’inseguimento di un mondo traslato che va guardato solo nella sua parte riflessa.