1983. Un nuovo genere musicale spopola e infiamma i dancefloor internazionali: è di origini italiche, nonostante l’anglofonia degli interpreti e dei nomi da loro scelti; una disco-music che in poco tempo conquista tutto il vecchio continente. Sempre con un occhio strizzato al trash, ai b-movie, alla commedia (erotica) all’italiana, la italo-disco è il fenomeno degli anni ‘80.
Additata come cultura bassa, e poi ovviamente rivalutata come genere cult underground, l’italo-disco torna ora, a venticinque anni di distanza, come omaggio al Belpaese nella prima personale milanese di
Piet Janssen, ovvero
Parra (Amsterdam, 1976). Guru della grafica contemporanea, dj e designer d’abbigliamento, il giovane e poliedrico olandese popola le pareti della galleria con visioni dai colori primari, piatti, quasi infantili, in cui vivono umani avimorfi con i tacchi alti, sensuali e voluttuosi, in tavole che si pongono come le discendenti dirette delle Venere e Tannhäuser di
Aubrey Beardsley, lascive ed esplicite, magnetiche nella loro carnalità.
Ma se gli amanti del disegnatore vittoriano rimangono sospesi nell’incredulità dell’arte, gli esseri di Parra si scontrano con la realtà del presente, intrappolata nei titoli scelti per le grafiche, fatti d’incertezza spirituale e personale, che non risparmiano nemmeno i messia o i supereroi; u
na realtà di recessione e pornografia,
Easy ladies playing real emotions, come cantava una delle regine dell’italo-disco. Insomma, la nostra debordiana società dello spettacolo degli anni Zero: frutta transgenica che prova sentimenti di distruzione, dichiarazioni che non hanno paura di esprimere i pensieri più cattivi, senza essere politically correct.
Parra studia ogni lettering creando i font, sinuosi e curvilinei proprio come le sue creature, attraenti ingannatrici che nascondono, dietro la bellezza della forma, la crudezza e la crudeltà dell’animo umano. Motteggi, assonanze, giochi che paradossalmente erano alla base anche delle espressioni dell’italo-disco, trasformata dall’olandese in
The Disco of Italo. Come se fosse direttamente la musica a esser impersonificata, cristallizzata sul muro con il testo di una canzone dance, cantata in
Love Song nei peggiori luoghi comuni del genere, ascoltata durante il dj set che ha animato l’inaugurazione, arte senza musa dall’ispirazione sempre accesa.
E se Heinrich Heine sosteneva che “
dove le parole finiscono, inizia la musica”, Parra fa tesoro del suo insegnamento e lo concretizza con carte e inchiostri, tele e pennelli. Senza dimenticare che
Boys, boys, boys / I’m looking for a good time.