Nu couché, una figura femminile con le mani unite, si offre allo
spettatore nella sua intensa sensualità. È il dipinto intorno al quale si svela
la mostra che celebra
Amedeo Modigliani (Livorno, 1884 – Parigi, 1920) a novant’anni dalla
sua morte. Un corollario di opere – 20 dipinti e 55 disegni nella magistrale
scenografia di Maurizio Sabatini – rivive la storia di questo artista italiano
di origine ebraica, colto, bello e dannato. Che sceglie Parigi ai primi del
Novecento per dipanare la sua vita come un’avventura, per cercare la bellezza,
per esprimere il suo canto libero.
La capitale parigina, dopo l’incontro con i macchiaioli in
Italia, è per lui il sogno dove tutto è possibile, dove l’arte è animata da
un’inquieta ricerca, dove incontra le avanguardie artistiche,
Picasso, i grandi intellettuali del
momento, le donne. Dove si lascerà distruggere dal vizio e dall’alcool,
incurante della tubercolosi che lo aveva colpito, per “
una vita spericolata,
di quelle vite fatte così”
.Una storia che la mostra racconta anche attraverso
immagini fotografiche: Modì bambino, la foto dei genitori, Modì ritratto nel
suo studio di Montparnasse, dove l’ambiente povero e il disordine sono
testimoni di una sola passione, quella della pittura a ogni costo.
Foto di modelle,
di amici come Paul Guillaume, della figlia bambina, di
Jeanne Hébuterne, musa ispiratrice di un lungo
percorso artistico: paziente, devota compagna che rinuncia alla vita, quando il
pittore si spegne, in una freddissima Parigi.
Documenti, lettere, cartoline, la ricevuta dell’acquisto
di un paio di pantaloni, l’atto di nascita, la pagella di quinta elementare e i
voti sono quelli di uno studente senza particolare talento: un viaggio nel
tempo per ricordare un genio, la sua unicità, la sua ansia di vivere.
I disegni esposti confermano la sua grande maestria,
l’eleganza, la perfezione del segno, dove il gesto è libero, essenziale,
efficace. Poi, i tratti della scultura africana e le numerose
Cariatidi, simbolo ricorrente di femminea
perfezione. Ma c’è una
Stradina toscana, un piccolo paesaggio, dipinto a 14 anni. Perché
per lui “
il paesaggio non esiste”
. Sarà la figura umana, in una appassionata dimensione umanista, la
centralità della sua opera, e sarà soprattutto la donna a delineare quel
percorso, che diviene un esempio di eccellenza attraverso il nudo. Laddove la
sua sregolatezza scompare, per dar vita a opere che esprimono elegante
erotismo.
Nudi vibranti, pieni di luce. Sintesi perfetta del segno e
del colore, in un rapporto dialettico fra classicismo e modernismo, le sue
figure raccontano del dialogo fra la modella e l’artista, sono ritratti che non
mirano alla verosimiglianza estetica, ma riconducono alla loro forza interiore,
a un aspetto del carattere che vivifica: una forma che include l’essenza.
Quei tratti psicologici, così sapientemente colti e
fissati attraverso il segno e le variabili cromie, esprimono il linguaggio di
un’interiorità che nessuno ha saputo cogliere così profondamente. Come nel
ritratto datato 1917 della bella e giovane moglie Jeanne, seduta sul letto con
una camicia blu: “
Quando conoscerò la tua anima, dipingerò i tuoi occhi”
.
Visualizza commenti
Sono perplessa riguardo al titolo della mostra... mi sembra abbia un tocco di poesia giusto per fare effetto... Per me Modigliani non è un mistico, mentre è molto molto profano, come sappiamo dalla sua biografia e in fondo anche dai soggetti ritratti. A meno che non si voglia dire che ogni grande artista è un mistico, ma questo sarebbe un altro discorso... Avrei preferito che si ponesse l’accento sulla portata del suo linguaggio che è ciò che conta sul serio.
Su L'Avvenire di qualche giorno fa ho letto il bellissimo intervento di Davide Rondoni sull'apertura del Maxxi a Roma e rifletto, con Rondoni, sull'opportunità, in un momento drammatico come questo, di spendere centinaia di milioni di euro per continuare ad elevare templi al Nulla, sepolcri imbiancati o, nel migliore dei casi, autentici cenotafi, NON luoghi di diffusione e valorizzazione dell'Arte. Luoghi nei quali non si celebra la Bellezza, quella vera, faticosa, scomoda, sempre rivoluzionaria (la cui massima espressione coincide con Cristo stesso) generata solo dalla Fede e non creata dal sedicente artista di turno. Luoghi nei quali si alimenta quella mostruosa "bolla speculativa" che ha travolto tutto, gettando il mondo in una depressione economica (etica e morale) senza precedenti. Il Maxxi di Roma, come il mostruoso Ma.Ga nel deserto della sperduta Gallarate, sono luoghi inutili e velleitari, nati solo per celebrare gli pseudovalori perversi e pervertiti dell'imperante relativismo: denaro, fama e potere e i cui gerarchi non sono rigorosi e sobri studiosi di chiara fama, ma i soliti noti, personaggi conclamatamente mediocri, falliti nella loro vita e in ciò che avrebbero voluto realizzare primariamente e perciò rancorosamente frustrati; uomini e donne che con l'Arte e la Bellezza non hanno nulla a che vedere; vampire imbellettate, lombrichi incravattati e nevrastenici, intellettuali senza intelletto ma pieni di narcisismo e ridicola arroganza, con tanto di cortigiane borgatare al seguito elevate a ruoli di gran dame. Andate a spulciarvi i nomi e poi ditemi cosa c'entrano tali figuri con l'arte... Tutto ciò, naturalmente, grazie alla complicità altrettanto ingorda del mercato ed all'associazione delinquente con i vari manager del "sistema arte" (galleristi, critici, curatori, giornalisti, direttori di museo, funzionari e consiglieri ministeriali, ecc ecc). Con la benedizione della politica, che se è totalmente disinteressata all'Arte ed alla Bellezza altrettanto non lo è verso i suoi "frutti"...
Per questo e solo per questo si compiono gioiosamente investimenti milionari in quella direzione, vedi il velleitairo Ma.Ga, mentre il Paese reale sprofonda sempre più nella miseria più nera. Realizzano questi mostri, pagati con centinaia di milioni del nostro denaro, non si compiono operazioni culturali, ma si accetta, organizza e sistematizza quella corruzione (etica, morale e materiale) che,creando solo denaro, fama e potere, nega la natura stessa della Bellezza e, quindi, dell'Arte. Sepolcri imbiancati, splendenti all'esterno ma pieni di cadaveri putrescenti. O, nel migliore dei casi, immensi cenotafi: meravigliosi e grandiosi monumenti commemorativi vuoti al loro interno, monumenti al nulla. Come il "Maxxxi" di Roma, dal simpatico nome che pare quello di un gelato, come rileva Rondoni, e il pretenzioso (e architettonicamente osceno nella sua forma tra un vater di design e l'ospedale svizzero tipo) Ma.ga, cenotafio-stipendificio nel grigio e nebbioso o afoso deserto gallaratese (e che forse si sarebbe dovuto chiamare più appropriatamente FI.Ga).