Una raccolta di materiali durata per molti anni e
originata dalla ricerca di due galleristi, Gianfranco Composti e Franco
Toselli, da sempre in contatto con la famiglia dell’artista. Oggi alla Ca’ di
Fra’ di Milano è esposta una selezione di disegni e schizzi, ma anche di
oggetti progettati dal celebre architetto
Giò Ponti (Milano, 1891-1979) e che
vogliono mettere in luce la sua lunga e complessa attività di designer.
Noto soprattutto per la realizzazione di edifici e per
l’ideazione di due riviste –
Domus, fondata nel 1928, e
Stile, nel 1941 – che hanno avuto un
ruolo cruciale nel dibattito culturale sull’architettura e il design italiani
della seconda metà del Novecento, Ponti è stato un progettista ad ampio spettro
e nei primi anni della sua attività lavorò in particolare per la Manifattura
Richard-Ginori, assumendone la direzione artistica dal 1923 al 1930.
Qui si dedica alla produzione di ceramiche, che nelle
decorazioni uniscono i temi e gli stilemi della tradizione a modelli derivati
dal panorama artistico a lui contemporaneo: dal Liberty al figurativismo del
movimento Novecento, la commistione diventa per Giò Ponti un modo per innovare
gli oggetti d’arredo, com’è evidente nella coppia di vasi in terraglia per
Domus Nova-Rinascente del 1928 o nei piatti (
Il viandante, ovale del 1938, o
Il
Civettaro) o
ancora nelle piastrelle degli stessi anni, dove i tipici temi bucolici sono
uniti a figure umane di impronta quasi fumettistica.
Ma l’interesse per le cosiddette “arti applicate” di Giò
Ponti si manifesta subito anche in altri settori. In mostra sono esposti e
messi a confronto in particolare alcuni elementi di mobilio: qui le linee
semplici del razionalismo emergono con maggior vigore e danno luogo a pezzi
ancora oggi funzionali e attuali, come la coppia di sgabelli da croupier,
perfettamente conservati con la loro paglia originale, eseguiti per il Casinò
di Sanremo nel 1950, oppure le ironiche
Poltrone di poco sedile del 1971, da considerarsi quindi
opera della piena maturità.
Interessanti inoltre i tessuti, le sete ricamate e le
stoffe per i salotti, nati per volontà di Vittorio Ferrari e di De Angeli-Frua,
e inseriti pienamente in un contesto di architettura d’interni che dalla grande
opera arriva fino al piccolo particolare. Talvolta con uno sguardo spiritoso,
come nel tessuto
Acqua e fuoco (1930), che trascende con i piccoli motivi colorati la
rigidità delle forme dei mobili.
Diversità di interessi quindi, ma anche evidenza di una
qualità di ideazione dove tutto, dal generale al particolare, è degno di riflessione,
di lavoro scrupoloso. In questo senso, emblematici sono i numerosi schizzi
esposti, che dimostrano la poliedricità, la cura del dettaglio e l’approccio
sempre attento ai diversi materiali e ai manufatti che Ponti mantenne inalterati
per tutta la sua lunga carriera.