Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
04
giugno 2008
fino al 19.VII.2008 I Ligari Milano / Sondrio, Museo Diocesano / Galleria Credito Valtellinese
milano
Tre sedi per raccontare le vicende di una famiglia di pittori, i Ligari, che ha attraversato il Settecento. Oltre un centinaio di opere ne ripercorrono per la prima volta la storia. Calandola in un contesto di committenze. E di nomi illustri...
Accedendo alle sale del Museo Diocesano di Milano, una delle tre sedi della mostra dedicata a Pietro, Cesare e Vittoria Ligari, si viene accolti da uno spezzone del Barry Lyndon di Kubrick, che corre sulle pareti accompagnato da riproduzioni di ritratti settecenteschi e dalla musica di Mozart. Un’evocazione in grande, con due rappresentanti d’eccezione, Barry Lyndon e Mozart, capaci di offrire uno sguardo marcatamente europeo sulle esperienze del XVIII secolo.
Superata la prima piccola sala di presentazione, le mura e un allestimento un po’ scalcinati riportano violentemente a quella che è la realtà particolare di questa famiglia di pittori, originari di un paesino nel cuore della Valtellina. E dicendo famiglia s’è già detto tutto. Perché, prima d’ogni cosa, delle esperienze lavorative, dei viaggi di formazione, della fama, è il senso di appartenenza a una famiglia e a una terra a condizionare le vicende di almeno tre generazioni di artisti.
Pietro Ligari (Ardenno, Sondrio, 1686 – Sondrio, 1752), effettuato un soggiorno a Roma dove fu allievo di Lazzaro Baldi, uno degli ultimi epigoni della stagione cortonesca, si trasferisce a Milano quasi stabilmente dal 1710 al 1727. Il capoluogo meneghino vive in quegli anni un grande fermento artistico. I nomi con cui confrontarsi sono quelli di Filippo Abbiati, Andrea Pozzo, Andrea Lanzani, rappresentanti affermati della generazione precedente. Ci sono poi le nuove leve, come Pietro Antonio Magatti.
Stare al passo non è facile e Pietro deve sgomitare per trovare lavoro e affermarsi, tanto che le opere più importanti realizzate a Milano sono destinate a chiese e committenti della sua terra, come San Francesco Saverio battezza la principessa indiana Neachile (1717), primo numero certo del suo catalogo. Su un’impostazione accademizzante di matrice romana si innestano le influenze degli artisti più moderni attivi a Milano, come Andrea Porta e il Legnanino, da cui derivano gli squillanti accenti cromatici.
Dal 1727, amarezze a parte, Ligari si trasferisce definitivamente a Sondrio, amato e apprezzato dai propri conterranei. Eppure la stoffa Pietro l’aveva, e lo dimostrano anche i suoi ritratti, bellissimi. Il Ritratto di Gervaso Ligari, conservato a Brera, figurava alla famosa Mostra del ritratto italiano di Firenze nel 1911, tra le migliori prove della ritrattistica lombarda. Andrà ancora peggio per il figlio di Pietro, Cesare Ligari (Milano, 1716 -Como, 1770). Nonostante la formazione in laguna imposta dal padre, che capisce l’importanza e l’apprezzamento che la pittura veneziana va assumendo negli anni, anche nelle committenze milanesi, Cesare fatica a trovare impiego. Sarà costretto a spostarsi, con tutta la famiglia, lavorando soprattutto a Como e nel circondario. Il Transito di San Giuseppe (1739) è la patente con cui il pittore si presenta in patria, esibendo i frutti del suo alunnato veneziano, con rimandi a Piazzetta, Tiepolo e Pittoni.
Anche dalla critica coeva Cesare non sembra molto apprezzato. Il Giovio, definendolo “pittore più che mediocre”, gli preferiva la sorella Vittoria Ligari (Milano, 1713 – Sondrio, 1783).
E a giudicare dalle pochissime prove a lei attribuite, a partire dall’unico quadro firmato, la Beata Vergine Addolorata di Lanzada (Ganda) del 1756, questa avrebbe avuto i numeri per superare in bravura almeno il fratello, se la sua condizione femminile non l’avesse costretta ad accontentarsi di eseguire copie e quadretti da offrire ai committenti, spesso a titolo gratuito. Lei che, a dire dello stesso Cesare, non fu “mai adattata alli soliti impieghi femminili, benché anche l’ago lo eserciti in vigore”.
Superata la prima piccola sala di presentazione, le mura e un allestimento un po’ scalcinati riportano violentemente a quella che è la realtà particolare di questa famiglia di pittori, originari di un paesino nel cuore della Valtellina. E dicendo famiglia s’è già detto tutto. Perché, prima d’ogni cosa, delle esperienze lavorative, dei viaggi di formazione, della fama, è il senso di appartenenza a una famiglia e a una terra a condizionare le vicende di almeno tre generazioni di artisti.
Pietro Ligari (Ardenno, Sondrio, 1686 – Sondrio, 1752), effettuato un soggiorno a Roma dove fu allievo di Lazzaro Baldi, uno degli ultimi epigoni della stagione cortonesca, si trasferisce a Milano quasi stabilmente dal 1710 al 1727. Il capoluogo meneghino vive in quegli anni un grande fermento artistico. I nomi con cui confrontarsi sono quelli di Filippo Abbiati, Andrea Pozzo, Andrea Lanzani, rappresentanti affermati della generazione precedente. Ci sono poi le nuove leve, come Pietro Antonio Magatti.
Stare al passo non è facile e Pietro deve sgomitare per trovare lavoro e affermarsi, tanto che le opere più importanti realizzate a Milano sono destinate a chiese e committenti della sua terra, come San Francesco Saverio battezza la principessa indiana Neachile (1717), primo numero certo del suo catalogo. Su un’impostazione accademizzante di matrice romana si innestano le influenze degli artisti più moderni attivi a Milano, come Andrea Porta e il Legnanino, da cui derivano gli squillanti accenti cromatici.
Dal 1727, amarezze a parte, Ligari si trasferisce definitivamente a Sondrio, amato e apprezzato dai propri conterranei. Eppure la stoffa Pietro l’aveva, e lo dimostrano anche i suoi ritratti, bellissimi. Il Ritratto di Gervaso Ligari, conservato a Brera, figurava alla famosa Mostra del ritratto italiano di Firenze nel 1911, tra le migliori prove della ritrattistica lombarda. Andrà ancora peggio per il figlio di Pietro, Cesare Ligari (Milano, 1716 -Como, 1770). Nonostante la formazione in laguna imposta dal padre, che capisce l’importanza e l’apprezzamento che la pittura veneziana va assumendo negli anni, anche nelle committenze milanesi, Cesare fatica a trovare impiego. Sarà costretto a spostarsi, con tutta la famiglia, lavorando soprattutto a Como e nel circondario. Il Transito di San Giuseppe (1739) è la patente con cui il pittore si presenta in patria, esibendo i frutti del suo alunnato veneziano, con rimandi a Piazzetta, Tiepolo e Pittoni.
Anche dalla critica coeva Cesare non sembra molto apprezzato. Il Giovio, definendolo “pittore più che mediocre”, gli preferiva la sorella Vittoria Ligari (Milano, 1713 – Sondrio, 1783).
E a giudicare dalle pochissime prove a lei attribuite, a partire dall’unico quadro firmato, la Beata Vergine Addolorata di Lanzada (Ganda) del 1756, questa avrebbe avuto i numeri per superare in bravura almeno il fratello, se la sua condizione femminile non l’avesse costretta ad accontentarsi di eseguire copie e quadretti da offrire ai committenti, spesso a titolo gratuito. Lei che, a dire dello stesso Cesare, non fu “mai adattata alli soliti impieghi femminili, benché anche l’ago lo eserciti in vigore”.
stefano bruzzese
mostra visitata il 6 maggio 2008
dall’11 aprile (Milano) e dal 13 maggio (Sondrio) al 19 luglio 2008
I Ligari, pittori del ‘700 lombardo
a cura di Eugenia Bianchi e Simonetta Coppa (Milano) e Angela Dell’Oca (Sondrio)
Catalogo Skira
Galleria Gruppo Credito Valtellinese
Corso Magenta, 59 – 20123 Milano
Orario: da martedì a domenica ore 10-18
Ingresso libero
Info: tel. +39 0248008015; fax +39 024814269; galleriearte@creval.it; www.creval.it
Museo Diocesano
Corso di Porta Ticinese, 95 – 20123 Milano
Orario: da martedì a domenica ore 10-18; dal 1° luglio: da martedì a domenica ore 19-24
Ingresso: intero € 8 (martedì € 4); ridotto € 5 (martedì € 4)
Info: tel./fax +39 0289420019; info@museodiocesano.it; www.museodiocesano.it
Galleria Credito Valtellinese – Palazzo Sertoli
Piazza Quadrivio, 8 – 23100 Sondrio
Orario: da martedì a venerdì ore 9-12 e 15-17; sabato e domenica ore 10-12 e 14-17; da metà giugno: da martedì a domenica ore 10-12 e 15-18
Ingresso libero
Info: tel. +39 0342522111; fondazione@creval.it; www.creval.it
[exibart]