Dopo
Duchamp, Benjamin e
Warhol, è ancora possibile
riflettere sul valore dell’arte e sulle modalità con cui viene percepito,
misurato, accresciuto? L’opera di
Liu Ding (Changzhou, 1976; vive a Beijing) si
muove su questo terreno minato, a rischio di esplosioni retoriche e semplici
ripetizioni.
Grey from Small Gardens and Small
Marketplaces è una moderna Ikea-wunderkammer di oggetti trovati, ciascuno
isolato all’interno di un contenitore e classificato per tipologia e luogo di
rinvenimento. PiĂą che rappresentare un ennesimo tentativo di critica rivolta al
sistema dell’arte, ciò che convince è l’asetticità con cui i suoi assemblaggi
vengono presentati, facendo il verso alla logica espositiva del
white cube in cui s’inseriscono,
tanto da perdere efficacia in luoghi caratterizzati da un’identità più forte,
come all’interno dei padiglioni dell’Arsenale, dov’erano esposti fino al
novembre scorso.
L’artista cinese ne fa commercio, rendendoli
disponibili e acquistabili online sul proprio sito. Non si tratta di una novitĂ ,
se non nel modo d’approccio al mercato dell’arte con strategie di diffusione su
grande scala. Con la serie
Take Home and Make Real the Priceless in Your
Heart,
ad esempio, Ding fa riprodurre frammenti di paesaggi da alcuni artisti di
Dafencun, una sorta di cittĂ -fabbrica della pittura, in cui la maggior parte
degli abitanti è dedita alla creazione di dipinti decorativi, o falsi,
spudoratamente kitsch.
I dettagli isolati nei quadri rimangono
circondati dal bianco, eventualmente per esser completati da chi li acquisterĂ
al prezzo ridotto di 150 euro, piĂą che in saldo essendo opere di un artista emergente,
generando un circuito di cui si avvantaggia Liu Ding, che accresce la sua fama,
e il collezionista, che può fare un investimento a basso rischio.
Nella serie
Experience and Ideology, il cinese indaga la
pratica dell’arte, scrivendo alcune osservazioni accanto a scatti fotografici
di particolari naturali, soprattutto riguardanti l’evoluzione del mezzo
fotografico, che lo ha reso uno strumento di sempre piĂą facile accesso.
The Curvature of Matter è un complesso di opere che mettono
in questione il significato attribuito a oggetti quotidiani. Un cancello
diventa un inutile paravento al centro della stanza, incapace di bloccare
l’ingresso o impedire lo sguardo; un segnale stradale completamente nero
diventa una muta e inutile indicazione. Si tratta di una critica alla ricerca
di significato da parte dello spettatore, deludendone costantemente le
aspettative, svelandone l’inconsistenza.
Black Box è infine una scatola aperta, dipinta di nero. La luce,
che s’irradia dal suo interno, suscita l’interesse di chi vi si avvicina per scoprire
cosa contenga, e delude tale curiositĂ con un neon dalle forme stilizzate di un
escremento. Nessun contenuto e nessuna rappresentazione. Soltanto nuda
apparenza. A lasciare al gelido pensiero dell’artista lo spazio per posarsi
anche sullo spettatore.