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Varcare la soglia della Galleria Fumagalli a Milano illuminata da forme, colori, segni e arabeschi di neon, circuiti fluorescenti e stimolatori psichici e visivi, è una esperienza sorprendente da vivere e non da raccontate. In questo ambiente algido s’inscena la prima importante “piccola” mostra antologica italiana che documenta le evoluzioni di ricerca di Keith Sonnier (1941), post minimalista, affascinato dalla poetica Anti- form, teorizzata da Robert Morris, suo maestro, e sviluppata da artisti della sua generazione come Eva Hesse, William Bollinger e altri protagonisti della arte processuale con i quali espone nella collettiva 9at Leo Castelli, a New York in una mostra collettiva nel 1968. Sonnier è contro la rigidità formale del minimalismo e l’utilizzo estetico dei materiali industriali, a favore della sperimentazione ieri del polimaterismo, oggi della multimedialità. All’artista americano interessa indagare il rapporto tra arte, scienza, spazio, luce e sensazioni. Nel 1968, Sonnier, ancora agli esordi, utilizza il neon come Dan Flavin, Bruce Nauman, Joseph Kosuth e altri artisti concettuali dell’epoca per “scolpire” forme in bilico tra ragione e sentimento in relazione allo spazio. Dagli esordi il “cosmologo” dell’effimero, autore di forme fluttuanti realizzate con tubi fluorescenti colorati, è interessato a forme non rigide, bensì a linee fluide, sinuose come la Struttura al neon di Lucio Fontana del 1951.
Keith Sonnier. Light Works, 1968 to 2017, veduta dell’installazione, Galleria Fumagalli, Milano 2018. Ph. Antonio Maniscalco
Dalla scultura Lit Circle Red with Etched Glass (Lit Circle Series, 1968) esposto a terra appoggiato al muro nella galleria milanese, la protagonista è l’energia che genera sensazioni inglobata nel trasformatore e cavo elettrico e attraverso il neon rosa dell’opera di vetro. Questa scultura è una lente d’ingrandimento che mette a fuoco la tensione di superamento dei limiti tra materiali e la parte, tenta di liberare il gas del tubo fluorescente, potenziando il dialogo tra l’architettura e l’opera. Anche nelle altre sculture a muro il colore disegna circuiti percettivi che alterano la percezione dello spazio, combinando elementi tecnologici con temi organici: un mix affascinante perché in natura nulla è quadrato o perfettamente circolare, ma tutto è fluido, dinamico e in perenne trasformazione.
Le opere di varie dimensioni di Sonnier, dagli anni ’70 in poi, si caratterizzano per un ricercato effetto scenografico, in cui in maniera equilibrata si fondono elementi astratti con evocazioni figurative, l’effimero con l’architettura in chiave pop concettuale. È interessato anche alle installazioni ambientali di forte impatto percettivo. In particolare concentratevi sulle opere della Sel Series (1978-2003), guardatele bene e vedrete che queste forme pseudo figurative evocano creature misteriose, sagome fantastiche, presenze aliene che avrebbero stregato anche Breton e Mirò.
Queste sculture luminose derivano da un‘antica astratta forma di scrittura cinese, nominata Sel- calligraphy e introducono il rapporto tra forma, colore e linguaggio, testo e immagine, architettura e spettatore. È un capolavoro tentacolare Prairie, (Gran Twister Series 2012), della serie Chandelier Series, degli anni zero, capace di configurare impulsi elettrici, cosmologie di cablature sotterranee che trasuda di energia. Le sculture di questa serie sono solide e pulsanti, accattivanti ghirigori di linee contorte che evocano il volo degli insetti dalla forte carica vitalistica, rigenerante. La sua originale sovrapposizione di forme ellittiche con tubi al neon variopinto, riflettori e un trasformatore, di acciaio saldato e atri materiali visualizzano sculture possenti e fragili insieme che esposte in galleria riescono a far vibrare, respirare lo spazio.
Jacqueline Ceresoli
Mostra visitata il 27 settembre
Dal 27 settembre al 19 dicembre 2018
Keith Sonnier, Light Works, 1968 to 2017
Galleria Fumagalli Milano,
via Bonaventura Cavalieri 6
Orari: da martedì a sabato dalle 11:00 alle 19:00
Info: www.galleriafumagalli.com