Pittura vitale, frenetica, “gestuale” quella di
Giorgio Moiso (Savona, 1942) che, memore della sua esperienza passata come batterista in una jazz band, ripropone l’elemento musicale come materiale, fonte prediletta d’ispirazione in un processo di rimando continuo dalla musica all’arte e dall’arte alla musica. Sono ormai celebri le performance in cui l’artista ligure si lascia sedurre e ispirare dalle note musicali e crea, plasma, agisce di fronte a un pubblico che diviene parte attiva nella gestazione dell’opera, diversamente dai quadri realizzati nell’intimità dello studio, nei quali Moiso dosa sapientemente l’impeto, l’
élan vital che si dispiega senza inibizioni nelle pratiche dal vivo.
I quadri prendono vita alimentandosi di pennellate, movimenti fisici (con le mani, i piedi o il corpo intero), colore lanciato sulla tela oppure spremuto direttamente dal tubetto sino a creare un magma caotico e squillante nelle tinte, mai mescolate o attutite negli effetti cromatici, ma sempre pure, pastose, vibranti (
Volo alto, 2007). I colori sono scelti senza premeditazione, al di là di qualsivoglia remissiva sottomissione a un progetto; l’accostamento esteticamente compiacente lascia indifferente Moiso, il quale preferisce arrendersi al caso, approdando a esiti formali imprevisti e provocatori, nel totale abbandono delle convenzioni.
“
La provocazione è un aspetto fondamentale dell’opera d’arte”, spiega Moiso. “
Provocare significa andare oltre, Balzac diceva che ‘un’opera d’arte, per essere tale, deve avere qualcosa di sbagliato e non del tutto gradevole’. Per questo, quando dipingo non cerco che il mio quadro sia bello, ma vero”. Quest’aspetto risulta ancor più evidente alla luce delle radici culturali avanguardiste a cui Giorgio Moiso, aggiornandole, si è ispirato, spaziando dall’action painting americana alle esperienze del gruppo giapponese Gutai, dagli happening di
Kaprow alle azioni di Fluxus e del Wiener Aktionismus, senza tralasciare l’incisività dell’opera di
Fontana -come non notarla nella presenza dei frammenti di ceramica in
Ancestral?- e quella di
Sergio Dangelo e dei Nucleari.
Questo è Giorgio Moiso, artista vagamente narcisista nell’inseguire l’effetto grandioso, operando di preferenza su grandi superfici nelle quali il gesto si esalti; e artista versatile nel quale pittura, musica e poesia vivono di incessanti richiami in un’esperienza multisensoriale: “
Non posso immaginare un mio quadro privo di musicalità o poesia. Credo che per capire il mio quadro più che guardarlo sia più importante sentirlo, toccarlo, fiutarne l’odore”.
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ma state scherzando? ma se non riuscite a chiamare con il loro nome delle croste così, che credibilità critica volete mai avere? a quando un bell'elogio di Massimo Meda o del maestro Viola?