Capita di svegliarsi all’improvviso e di segnare su un taccuino il sogno appena fatto. Concetti abbozzati con una calligrafia incomprensibile, e magari qualche raffigurazione elementare. Appunti sintetici per non far sfuggire la trama dalla memoria.
Mirko Baricchi (La Spezia, 1970) fa una cosa simile: crea composizioni pittoriche come sprazzi di ricordi onirici, in uno sfumare di figure appartenenti al suo repertorio immaginativo ricorrente.
Lepri, pinocchietti, imbuti, case sono accompagnati da presenze antropomorfe, sfumate metamorfosi della coscienza, chiavi simboliche per l’accesso psicanalitico all’interpretazione delle ossessioni. I personaggi solitari si muovono privi di meta su orizzonti cromatici in evoluzione, stabilendo una trama narrativa che crea continuità fra le opere; una scenografia infinita su cui recitano i soggetti cari all’artista, così come – nel
Manifesto del Surrealismo –
André Breton suggerisce che “
secondo ogni apparenza, il sogno è continuo, e reca tracce d’organizzazione”.
I raffinati equilibri cromatici delle strisce orizzontali danno volume alla composizione, creando piani che sciolgono l’interazione fra i soggetti, mantenendo il libero flusso del pensiero. Il titolo della mostra è solo apparentemente di semplice lettura. Fornisce infatti spunti riflessivi la derivazione latina del termine
Mediterraneo: ‘mediterraneus’ significa letteralmente ‘dentro terra’, quindi luogo fisico nascosto, protetto dalla terra circostante, come prezioso locus interiore, inaccessibile ed enigmatico, i cui segni sono tradotti attraverso l’arte, che si fa rivelatrice del mistero.
La strategia compositiva apre una riflessione sul ruolo attivo o passivo dell’autore nel gesto artistico: la scelta dei soggetti rappresentati sulla tela sono frutto di una costruzione architettonica premeditata?
Guillaume Apollinaire definiva quella di
Giorgio de Chirico “
un’arte interiore e cerebrale”. Spontaneamente accostabile alla Metafisica pittorica (se non altro nella scelta introspettiva e compositiva), anche quella di Baricchi è un’arte cerebrale e ragionata? Oppure è frutto di un trascendentale e passionale trasporto?
Forse Baricchi, nei suoi artifici e nei suoi significati, dà vita a un’arte dei silenzi e dei segreti, che non prevede sproloqui critici. Perché fa parte di quelle rare produzioni che, tacitamente e timidamente, parlano a tutti, senza necessità di accademiche interpretazioni.
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