Dopo 37 anni,
Giacomo Balla (Torino, 1871 – Roma, 1958) torna in una esaustiva antologica, in occasione del cinquantenario della morte e come prodromo al centenario del futurismo. È una scelta precisa quella di presentare proprio questo artista, convinto futurista e grande maestro, vissuto almeno dal punto di vista critico all’ombra di
Boccioni. A lungo sottovalutato a causa del suo impegno nel periodo fascista, è ora portato a nuova luce dalla ricostruzione storica di Giovanni Lista, a cui hanno collaborato Paolo Baldacci e Livia Velani.
Il percorso espositivo offre un intelligente excursus cronologico dai primi lavori più tradizionali alla piena maturità futurista. L’artista si dedica inizialmente a una pittura di tipo impressionista e divisionista. Sono di questo periodo
Fiera a Parigi (1900), in cui esprime la propria suggestione per le luci notturne e i riverberi delle giostre elettriche nella notte, nonché i favolosi scorci del parco di Villa Borghese a Roma (
Villa Borghese-Parco dei Daini, 1901) e
Al Pincio (1902), dov’è ritratta la fidanzata Elisa Marcucci, che diventerà compagna e confidente nella vita e nella ricerca artistica.
La mostra chiarisce come già nei primi lavori di Balla si leggano le tracce del suo futuro d’avanguardia: alcune opere risentono dell’influsso della fotografia, presentando tagli particolarmente arditi, come in
Fallimento (1902), in cui la visione della strada è obliqua e l’artista, con spirito profondamente verista, focalizza l’attenzione sui dettagli più umili. La tecnica è sperimentale anche per la stesura del colore, a piccole pennellate divise e chiare, mescolato alla sabbia per suggerire la consistenza della pietra, del muro e dell’asfalto. Il
Ritratto della Madre (1901) pare addirittura precorrere i ritratti pop americani.
Balla risorge col nome di FuturBalla quando i futuristi inscenano il suo funerale: il pittore è ormai perfettamente convinto delle idee futuriste ed è pronto a rinnegare i lavori precedenti. La mostra milanese procede quindi con i celeberrimi quadri dedicati allo studio della velocità tramite la forza delle linee e il colore (
Bambina che corre sul balcone, 1912;
Velocità di automobile+Luci, 1913).
Numerosi i prestiti, fra i quali si segnalano quelli provenienti dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. Non essendo stato possibile averle in mostra, alcune opere sono analizzate solo nel catalogo edito da Skira, ottimo strumento critico. L’allestimento è alquanto tradizionale anche se, contrariamente alla consuetudine, non è accompagnato da alcun pannello esplicativo. L’approfondimento della vita e della poetica di Balla è lasciato al documentario, che presenta anche spezzoni di spettacoli futuristi, come il balletto
Feu d’Artifice di
Stravinskij, realizzato solo con le luci.
Il futurismo si salda indissolubilmente alla modernità novecentesca e contemporanea, da cui il titolo della mostra,
La modernità futurista. Così come da Milano l’arte futurista giunse fino a Parigi e quindi in Europa, allo stesso modo questo evento vuole avere un respiro e un richiamo internazionale.