Ci sono rari casi, nella storia delle civiltà, in cui l’arte della guerra occupa un posto centrale nella cultura artistica della società che l’ha prodotta. Armature, armi e strumenti che non servono solo per difendere e offendere, ma che custodiscono in sé tutte le caratteristiche di un’arte figurativa. Nel caso del Giappone dei samurai, questa particolare forma espressiva è una tradizione secolare, un progetto totale che fonde etica ed estetica bellica e formale.
È da questo presupposto che si dipana la mostra
Samurai, un termine che deriva da un verbo, ‘saburau’, ovvero ‘servire o tenersi a lato’, che letteralmente significa ‘colui che serve’ e che nel corso dei secoli ha indicato, anche nell’immaginario comune, la figura dei membri della nobiltà guerriera.
Attraverso il vasto numero di armature, elmi e accessori della collezione Koelliker, oltre a una serie di opere provenienti dalle Civiche Raccolte d’Arte Applicata e Incisioni di Milano, viene ripercorsa la storia sociale, politica ed economica del Giappone e della classe sociale che lo governò per quasi settecento anni.
Percorrendo le fastose stanze dell’appartamento della Reggia di Palazzo Reale, anche il visitatore meno addentro all’arte nipponica si rende subito conto della straordinaria maestria, pressoché ineguagliata, del sofisticatissimo artigianato bellico giapponese: ogni oggetto – anche quelli che si presupporrebbero meno significativi, come lacci, cinghie e semplici finiture – custodiscono l’eleganza formale e l’incredibile attenzione per il dettaglio che fa di questi strumenti dei manufatti complessi, sia dal punto di vista espressivo che da quello simbolico.
L’abbigliamento da guerra dei samurai è sempre stato considerato, anche in periodo di pace, come un importante segno di comando e condizione sociale. La necessità di distinzione della casta di potere ha talvolta, a seconda dei periodi storici, prevalso sulla funzione protettiva dell’armatura, portando alla realizzazione di oggetti dalla bellezza stupefacente, impreziositi da ornamenti di pregevole fattura.
È così che, scorrendo i belissimi
kabuto, ossia i tipici elmi dei samurai, si può notare l’estrema estetizzazione dell’oggetto da indossare sul capo: in alcuni casi, gli elmi presentano forme zoomorfe e, grazie alle maschere protettive
mempo, i volti dei guerrieri si mostravano come personaggi soprannaturali. Di fatto, questi accessori collegavano idealmente l’arte della guerra con quella del teatro.
A completare il percorso, alcuni manufatti di straordinaria qualità, tra i quali l’eccezionale armatura completa per cavallo e cavaliere, oltre a una moltitudine d’oggetti, spesso lavorati a sbalzo, come le montature per spade e alcune lame di
katana, l’arma per eccellenza dei samurai.
Nell’ultima sala, curata con Yamato Video, punto di riferimento italiano per tutti gli amanti dei manga e degli anime, sono esposti modellini e riproduzioni di tutti quei robot e personaggi che costellano l’universo dei fumetti e della animazioni giapponesi. Per constatare come il mito e la tradizione di quelle forme permanga attivamente nella cultura contemporanea, e come quelle immagini abbiano colonizzato, attraverso i medium più disparati, l’immaginario collettivo.