Una buona panoramica di certa scena artistica italiana, ma soprattutto un monito lanciato dai curatori Jean Hubert Martin e Roberto Pinto agli artisti partecipanti: spazi atti. Ovvero adatti, dunque adeguati al vivere ed al sentire quotidiano fatto di odori, suoni, stimoli percettivi molto diversi tra loro. Così gli spazi del Pac ne sono usciti modificati, ridefiniti, spesso oltre l’accezione prettamente fisica del termine.
Lo spazio viene inteso come dimensione psichica e personalissima da Marzia Migliora, che ne attraversa le parti più nascoste ed ancestrali nei suoi lavori Crash Testing (2002), e Open Skill (2004): entrambe le videoinstallazioni tentano di ricostruire ed indagare il vissuto psicologico dell’uomo, partendo dal generale per arrivare a toccare lo spettatore nel suo profondo.
Lo spazio investigato da Alberto Garutti è nascosto, pur essendo nello stesso tempo sotto gli occhi di tutti: Che cosa succede nelle stanze quando gli uomini se ne vanno? (2002-2004) indaga sulle coordinate spazio-temporali, soffermandosi su oggetti quotidiani nel momento in cui non vengono utilizzati né visti. L’opera d’arte è “mimetizzata” nel museo: panche e sedie utilizzate dai custodi si trasformano in presenze fluorescenti di notte, quando tutti se ne sono andati.
La sfera olfattiva è indagata da Massimo Bartolini (Mixing Parfumes, 2000) che, miscelando diverse fragranze in due stanze ne ridisegna i confini, rendendoli labili nello stesso tempo: una porta girevole mette in contatto i due ambienti e per un attimo, grazie alla persona che aziona la porta, entrano in contatto tra loro.
Mario Airò lascia che siano poesia e musica a tessere il suo delicato intervento: in Forse che le stelle stanno a guardare (2004) sei proiezioni sul pavimento danno vita a simboli astronomici che intervengono sullo spazio percorribile, modificato dalla luce, omaggio a Lucio Fontana e allo Spazialismo.
1:1 (2004) di Luca Pancrazzi è una struttura di pvc trasparente che straborda dalla stanza: lo spazio che ci separa dalla parete opposta è reso volume tangibile, non più vuoto, ma cristallizzato in scala reale. In Il paesaggio ci osserva (2004) soltanto una sottile striscia trasparente permette di vedere oltre le vetrate del Pac, rese opache da una pellicola semitrasparente.
Giunti alla balconata, s’incontra sul versante esterno una selezione di altri lavori dei sette artisti, mentre all’interno si trova l’installazione Monologue Patterns (2004) di Loris Cecchini. Tre grandi “roulotte” di plastica trasparente dalla superficie irregolare vengono illuminate da una lampadina calata al loro interno, provocando effetti di luce ed ombra che riempiono tutta la stanza, sorta di rete impalpabile e virtuale.
Interessante l’intervento di Patrick Tuttofuoco, realizzato su tre grandi alberi dei giardini dall’altra parte della strada, e dunque non visibili dall’interno del museo. Le piccole luci straboscopiche restano al di fuori dello spazio istituzionale: l’artista sceglie di operare nello spazio pubblico confrontandosi con tutta una serie di letture “altre”. Come lo sguardo di chi, ignaro, potrebbe scambiare un’opera d’arte per una banale illuminazione natalizia.
saramicol viscardi
Un ponte tra Italia e Stati Uniti: c'è tempo fino al 30 gennaio 2025 per partecipare alla nuova open call…
Ci lascia uno dei riferimenti dell’astrazione in Campania, con il suo minimalismo, rigorosamente geometrico, potentemente aggettante nella spazialità e nell’oggettualità.…
Una mostra interattiva per scoprire il proprio potenziale e il valore della condivisione: la Casa di The Human Safety Net…
Al Museo Nazionale di Monaco, la mostra dedicata all’artista portoghese Francisco Tropa indaga il desiderio recondito dell’arte, tra sculture, proiezioni…
Alle Gallerie d'Italia di Vicenza, in mostra la scultura del Settecento di Francesco Bertos in dialogo con il capolavoro "Caduta…
La capitale coreana si prepara alla quinta edizione della Seoul Biennale of Architecture and Urbanism. In che modo questa manifestazione…
Visualizza commenti
Bella mostra e anche molto interessante il video con le interviste agli artisti...peccato che sia stato molto ma molto difficile ascoltarle, coperte com'erano dal volume altissimo del chiacchiericcio delle custodi!
Sbaglio, o tra le loro mansioni dovrebbero esserci anche quelle di evitare che visitatori poco garbati disturbino la visita di chi vuole godersi in pace le mostre?
caro volpe,
mi spiace ma non credo che esprimere il proprio disappunto sul personale di uno spazio espositivo sia una schiocchezza. Ritengo che il pubblico ed anche chi gestisce quello spazio debba sapere cosa funziona e cosa non funziona.
Quando paghi il biglietto vuoi solo vedere le opere esposte o forse anche soffermarti, gustarle, riflettere e sentire oltre che guardare.....quando il percorso prevede un momento di ascolto?
perchè non usi questo spazio per commenti intelligenti invece di scrivere queste sciocchezze?
però hai ragione, la mostra è interessante!
finalmente Tuttofuoco ha trovato il suo spazio...FUORI!!!