Pannelli scorrevoli, cassettiere, scaffali, sportelli, libri sospesi d’immagini di vario formato. Bella a vedersi la mostra, un percorso elegante di visioni, un percorso di elementi effimeri che diviene così storia. Tessuti e colori, accostamenti di forme, luoghi inattesi, il quotidiano e lo straordinario vicini, la piazza e la casa, sfondi che mutano, gesti e sguardi di seduzione, nascondere e svelare, in perenne dialettica con il cinema ma anche con la vita.
E se l’esposizione, così preziosa nell’insieme, si rendeva difficile alla lettura (nessun itinerario o suddivisione particolare, né per data, né per autori, anche i numeri delle fotografie sconnessi negli elenchi a fianco delle immagini) di assoluto valore il catalogo, di eccezionale utilità anche i numerosi scritti che aiutano a comprendere l’evoluzione della moda/ della fotografia italiane nel loro felice, divertito, colto rispecchiarsi.
”Le immagini di moda sono il racconto del nostro presente, sono la sequenza a perdere delle ossessioni” – scrive Maria Luisa Frisa- “dei desideri e dei sogni di intere generazioni. Sono il decoro delle nostre città e occupano con forza e determinazione l’immaginario di ciascuno di noi”: in questo senso eccellente è anche la mostra, come possibilità d’incontro complessiva, magari con il piacere di riconoscere questo o altro autore.
La moda si consuma velocemente -e anche le riviste che la raccontano, la documentano durano il tempo di una stagione- ma tutta questa volatile precarietà si deposita poi tenacemente nelle nostre menti e va a comporre l’estetica della contemporaneità.
Ombre e luci tra le colonne, il soprabitino senza collo a quadrati bianchi e neri con Alberta Tiburzi, l’abbandono molto femminile su una sedia, il sorriso libero, gli spaghetti raccolti con un dito con Maria Vittoria Bockhaus, tanta ironia giocando con i costumi della storia con Alfa Castaldi. Ma ci sono anche Ugo Mulas e Giovanni Gastel, Aldo Fallai e Elsa Robiola. E la messa in scena dell’abito, il desiderio che si svela attraverso la fotografia, i modelli di donna, i mutamenti negli anni, tutto diviene ricerca in un dialogo fitto tra passato e presente: diverse le intuizioni geniali che paiono dell’oggi, prefigurazioni estetiche nel raffinato, estremo uso del trucco, delle luci, delle forme. La moda si confronta con l’arte italiana e il paesaggio, la fotografia mostra, spesso umoristicamente, il piacere di misurarsi con il cinema, la femminilità delle dive.
Sguardi timidi e diretti, provocatori, nudità e strati di stoffe e collane, tagli di capelli geometrici e morbidi ciuffi disordinati. Esperimenti per richiamare l’attenzione sull’immagine, e quindi anche sul vestito. Asetticità e sensualità. Manfredi Bellati e Giovanni Lunardi, Pierpaolo Ferrari e Bob Krieger e Stefano Galuzzi. Le grandi architetture e l’oriente, il bisogno di movimento, azione, teatralità. Sapendo anche trovare equilibri di rara bellezza con le sole cose, perle a terra vicino ad un vecchio termosifone, un anello sul fondo di una doccia tra resti di schiuma e strane forme di luce (Paolo Ventura). Un catalogo importante, da consultare, leggere, facendo riemergere stili trascorsi che però ancora possiedono una loro speciale energia, tensioni artistiche che sono stimolo per il nostro presente.
valeria ottolenghi
mostra visitata il 10 marzo 2005
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