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Il titolo della mostra aperta fino al 20 maggio presso la Galleria Riccardo Crespi, “I disabitanti”, è indovinato. All’interno, sono stati riprodotti alcuni ambienti, realizzati con mobili e suppellettili che sconcertano per la loro funzione contraddittoria. Porte che non isolano, cucina nella quale non si può preparare cibo, separé che non nascondono.
Gli autori delle opere sono Gal Weinstein, israeliano, che ha collezionato numerose esposizioni in gallerie di tutto il mondo e che rappresenta il suo Paese alla 57ma edizione della Biennale di Venezia, e Patrizia Dal Re, titolare della casa editrice Essegi di Ravenna, attiva nella promozione di artisti, che ha coinvolto Patrizia Giambi, nota per le sue esperienze artistiche negli Stati Uniti e in Europa, con una serie di originali opere in feltro.
Iniziamo con le opere di Patrizia Giambi e Patrizia Dal Re. Nella prima sala all’ingresso, si trovano le porte in feltro che coprono le sagome di due porte reali, che, nonostante la forma che replica quella di un uscio in legno, hanno la funzione di semplici tende. Nella saletta accanto, Wunderkammer, altre opere in feltro riproducono animali vari, una testa di maiale, elefante, rinoceronte, muflone, capra, appesi con ganci al soffitto come trofei, che si muovono all’aria. E, nel piano di sotto, un paravento tripartito, sul quale le immagini ricamate di un elefante, un uomo e un asino, legati da una specie di cordone ombelicale, hanno al centro un tessuto sottilissimo che permette di vedere oltre.
Ma l’opera più significativa di Weinstein è indubbiamente Desolate Kitchen (2016). La sua cucina suscita impressioni che sono l’esatto contrario di quello che ci si attende da un ambito del genere. La struttura dei mobili che la compongono, pur riecheggiando nella struttura modelli di cucine moderne con pensili, cassetti, armadi, non ha piani lisci, levigati ma, al contrario, irregolari, pieni di crepe, che ricordano i cretti di Burri, colore del fango rinsecchito, che rimandano a precarietà, desolazione appunto, primitività. Il materiale utilizzato è stato recuperato da una precedente installazione, e, oltre al legno, è costituito da mdf, una sostanza che a contatto con l’acqua si distrugge e diventa inutilizzabile.
L’operazione compiuta dall’artista è raffinata. L’immagine quotidiana e tranquillizzante delle cucine pulite e allegre delle pubblicità, abitate dalla famigliola sorridente attorno a qualche prodotto da reclamizzare, si capovolge con raccapriccio davanti ai nostri occhi.
Un certo brivido d’orrore passa sotto pelle. Non riusciamo a immaginare chi potrebbe abitare queste parodie grottesche di cucina, per certi versi inquietanti. O, forse, sì. Perché esse non rispecchiano altro che la frantumazione e la desolazione del nostro “io”, colpito in uno dei più reconditi e protetti santuari del nostro subconscio.
Siamo noi in quelle cucine. Siamo noi i suoi “disabitanti”. Nostra è anche la pelle crepata, piena di grinze e ferite che le riveste come angoscioso sudario. Nostra l’incertezza che viviamo ogni giorno, col timore che questa costruzione, simbolo di una famiglia che si disgrega, a poco a poco possa sciogliersi senza lasciare traccia.
La mostra porta avanti un discorso affascinante che è in grado di toccare corde immaginative non comuni. È l’immersione in questi ambienti che produce l’effetto di straniamento. Un’emozione che rimane appiccicata addosso anche quando usciamo.
Ugo Perugini
mostra visitata il 26 aprile
Dal 28 marzo al 20 maggio
I Disabitanti: Gal Weinstein, Patrizia Giambi, Patrizia Dal Re
Galleria Riccardo Crespi in collaborazione con Opifici Del Re
Via Mellerio, 1 20123 Milano
Orari: da lunedì a sabato 11,00 – 13,00; 15,00 – 19,30
Info: www.riccardocrespi.com