Dopo il battesimo di fuoco di Lambretto Art Project per mano del dionisiaco
Nico Vascellari, il nuovo spazio espositivo voluto da Mariano Pichler prosegue nella sua intenzione di ospitare progetti e autori eccentrici per carriera e modalità espressive.
È sicuramente questo il caso del collettivo
Invernomuto, composto da
Simone Bertuzzi e
Simone Trabucchi (Castell’Arquato, Piacenza, 1981), in un certo senso legati ad alcuni aspetti del lavoro di Vascellari, ma con una predilezione per i fuori-formato che caratterizza la loro esperienza artistica come pressoché unica nella scena artistica italiana.
Avvalendosi della collaborazione di diverse figure, come musicisti, artisti, film maker e critici, fin dal 2003 Invernomuto ha costruito progetti diversi che spaziano dall’editoria ai live, alla realizzazione d’installazioni in spazi espositivi. In questo senso, la loro pubblicazione “ffwd_mag” rappresenta un caso interessantissimo nell’editoria dedicata all’arte (e non solo) in Italia e all’estero.
Village Oblivia rappresenta un nuovo step di questo villaggio immaginario. Dopo esser stato presentato durante il festival bolognese Netmage (che lo ha anche prodotto) e dopo una tappa in una galleria d’oltralpe, approda ora negli spazi di Lambretto. Investendo la piccola stanza nel quale è collocato con immagini e suoni che evocano l’estraniante esperienza di un villaggio “reale”, in un bosco vicino a Parma, dove appassionati di giochi di ruolo dal sapore fantasy ambientano le loro storie e le loro personali mitologie.
Invernomuto ha assistito a questa performance, a questa sospensione di tempo e realtà, filmando momenti, dettagli e atmosfere, che sono poi stati montati in un video sperimentale della durata di oltre un’ora, Un video che, grazie anche alle eccezionali sonorità della band folk-noise americana Sunburned Hand of the Man, riporta nella doppia proiezione e nei monitor sui quali si articola i brandelli di un immaginario in continua trasformazione, bruciando qualsiasi definizione di “genere”. Per diventare, di fatto, un flusso dove i fantasmi e le incursioni sonore si mescolano, lasciando lo spettatore incapace di appigliarsi a qualsiasi punto di riferimento.
La caratteristica, già presente in altre esperienze di Invenomuto, è quella di restituire il loro progetto audiovisivo come un rito, che ha riferimenti sia alla tradizione sperimentale, in questo caso soprattutto statunitense – da
Jack a
Harry Smith e tutta la corrente del trace-film, del cinema magico e dell’etno-musicologia – agli aspetti vernacolari delle culture locali italiane.
A rafforzare quest’idea di rito, ogni notte (per tutta la durata della mostra) nella torre o “periscopio” di Lambretto viene proiettato esternamente un altro frammento video in loop, che appare come l’ennesimo personaggio-fantasma che infesta
Village Oblivia.