Mimmo Rotella: Roma Parigi New York vuol essere una sorta di agile compendio del testo di Alberto Fiz, dal medesimo titolo e pubblicato da Skira. Scopo della mostra è evidenziare come l’inventore nostrano del décollage “
appare al centro di un coacervo di relazioni ed esperienze” che determina l’evoluzione del suo percorso artistico nelle tre città negli anni tra il 1948 e il 1970.
A Roma,
Mimmo Rotella (Catanzaro, 1918 – Milano, 2005), grazie soprattutto all’amicizia con il giovane
Achille Perilli, si avvicina alla pittura astratta con il gruppo Forma 1. Nascono i primi décollage monocromi; l’artista entra in contatto con
Cy Twombly, con il gruppo Origine di cui faceva parte
Alberto Burri, e si approssima metodologicamente a
Lucio Fontana per la “
volontà di dare vita ad una nuova ipotesi spaziale attraverso un gesto di sottrazione progressiva della materia, come lo strappo”.
Parigi è la città del Nouveau Réalisme, avanguardia cui Rotella aderisce sin da subito, nel 1960; fanno così la loro comparsa i celebri manifesti strappati. A New York, nel 1962, alla Sidney Janis Gallery si tiene la mostra
The New Realists, in cui gli artisti del gruppo parigino si confrontano con i futuri esponenti della Pop Art.
Rotella riesce a impostare una dialettica fra i due movimenti: i décollage rappresentano il frutto di una partecipazione alla vitalità della realtà urbana e della società dei consumi e, nello stesso tempo, una critica radicale ai processi che presiedono alla formazione delle immagini da consumare.
L’intenzione della mostra sarebbe quella di documentare questi passaggi cruciali della carriera di Rotella. Tuttavia, tale proposito non emerge in maniera chiara dalle sale. Non tanto per l’esiguo numero di opere esposte, quanto per un allestimento piuttosto superficiale, che si basa esclusivamente sul volume di Fiz e non si cura di esporne e riassumerne i temi in maniera autonoma. Per comprendere la mostra bisogna dunque necessariamente consultare il libro, poiché non sono presenti didascalie né spiegazioni d’altro genere.
A eccezione dell’ultima delle tre sale, dedicata all’incontro con la Pop Art, con lavori di
Tom Wesselmann,
Robert Indiana e
Jim Dine, l’ordine cronologico non è rispettato e le opere si susseguono in maniera confusa. Nella prima sala, un monocromo del periodo romano è affiancato a un’opera di Burri e a un’accumulazione di
Arman; nella seconda, l’astrazione del periodo romano e l’adesione al Nouveau Réalisme continuano a confondersi tra opere di Achille Perilli,
Gastone Novelli,
Christo, Fontana e Twombly, impedendo di cogliere il momento della trasformazione dei décollage dalla monocromia ai manifesti strappati.
Una mostra, in conclusione, che intendeva proporsi come sintesi o complemento del testo di Fiz, ma il cui allestimento approssimativo la trasforma in un’appendice non riuscita del volume.